Tornato dalla vacanza a Vigo di Fassa con l’oratorio, iniziarono i preparativi per la partenza per le vacanze con la famiglia. La tenda che era stata distrutta l’estate precedente da un nubifragio a Praga fu rimpiazzata da una roulotte. In questi ultimi anni mi sono spesso chiesto come sia stato possibile, a quei tempi (1975) pianificare ed effettuare una ed altre vacanze facendo trainare una roulotte non grandissima (adatta comunque a ospitare sei persone) da una macchina a benzina di soli 1.100 cc di cilindrata e piena di persone e cose. E come abbia fatto mio padre, che aveva la patente da soli tre anni, presa a 36 anni, non un persona attratta dalla meccanica e dai motori, a guidare un simile convoglio per mezza Europa. Eppure ricordo solo di una volta che ho pensato che stesse per avvenire un incidente perché, durante una lunga discesa, la roulotte, sul cui gancio non era installato uno stabilizzatore, prese ad oscillare. Per fortuna, alla fine della discesa riprendemmo ad andare diritti.
Ma ripartiamo dall'inizio della vacanza. Siccome con la roulotte attaccata, la macchina andava molto più lenta del normale (penso sugli 80-90 chilometri l’ora al massimo) i miei prevedettero diverse tappe intermedie. Quella più lunga, che costituì per la verità una vera e propria parte di vacanza, fu a Brunico, in Val Pusteria, dove eravamo già stati con la tenda una o due volte negli anni precedenti. Ci fermammo nel solito campeggio. Qui feci amicizia con un ragazzo di uno o due anni più grande di me olandese. Ci parlavamo in inglese e ci capivamo bene. Faceva parte di un piccolo gruppo di famiglie olandesi. C’erano anche delle ragazze della mia età e altre più piccole. Alcune ragazze olandesi le trovavo molto carine, per via dei loro capelli biondi, la carnagione chiara, gli occhi azzurri e un carattere estroverso e scherzoso. Una volta, mentre eravamo tutti in un prato fuori dal campeggio, mi feci insegnare come si dicevano nella loro lingua gli organi sessuali maschili e femminili in modo volgare. Con il mio amico, in campeggio suonavamo molto la chitarra (una chitarra elettrificata Eko che mi aveva prestato una persona adulta che avevo conosciuto un po' di mesi prima a Milano) e poi ci immergevamo in qualche discussione sulle nostre vite personali. Lui non credeva in nessuna religione “I am free” e mi raccontò che aveva provato l’Lsd. Questa cosa mi impressionò un po’ però non feci nessun commento negativo, anche perché, nonostante tutto, mi sembrava che stesse bene sia fisicamente che psicologicamente.
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| Io a 15 anni e mezzo a Brunico con il ragazzo olandese conosciuto nel campeggio |
Poi, non passando come altre volte per il Brennero, che ha molti dislivelli elevati, bensì per Lienz, raggiungemmo l’Austria e di lì la Germania. Poi attraversammo la Baviera, fermandoci in alcune città tedesche che non avevamo visitato l’anno prima. Fra queste, nell’estate 1975, ci furono Norimberga e Colonia. Sono sicuro perché nella prima volli recarmi in un negozio (Eugen Queck) che faceva pubblicità su una rivista di elettronica (CQ Elettronica) che comperavo tutti i mesi. A Colonia vidi per la prima volta dei ragazzi fra i venti e i trent’anni anni che facevano busking, ossia suonavano per strada raccogliendo offerte dagli ascoltatori. Feci loro una foto che è fra quelle di quegli anni a cui tengo di più. Vederli e sentirli suonare, inoltre, mi confermò che mi piaceva quello stile di vita legato alla musica e alla ricerca di un modo più informale di vivere. Non ricordo più esattamente in quale ordine, ma o all’andata o al ritorno passammo da Aachen (Aquisgrana) e Arnhem (Olanda), dove facemmo visita a una famiglia olandese conosciuta al raduno internazionale dei campeggiatori l’anno precedente in Cecoslovacchia. Altre città tedesche, che fra l’anno precedente e quello di cui sto parlando, complessivamente visitammo ci furono Monaco, Augsburg, Ulm (dove feci la bravata di sedermi per qualche secondo sul davanzale di una delle finestre più alte del campanile più alto del mondo), Heidelberg. Tutte mi piacquero molto anche perché mi sono sempre piaciute le chiese gotiche e gli organi.
Per sommarsi sull’Olanda, ricordo che i miei comperarono a me, mio fratello e mia sorella Annarita degli zoccoli di legno. Io mi feci regalare anche una pipa di terracotta. Ad Amsterdam visitammo la casa di Anna Frank. Ho un ricordo vago della casa, sono sicuro che qualcosa mi colpì, ma non ne ho conservato delle impressioni particolari. Penso che, comunque, avessi già letto il diario e un po’ di cose sulla persecuzione degli ebrei le sapevo già. Due anni prima, durante la permanenza a Monaco, eravamo andati a visitare il campo di concentramento di Dachau, mentre l’anno prima, passando per l’Austria, avevamo visto quello di Mauthausen. Durante un giro in città, in piazza Dam vidi per la prima volta degli Hare Krishna danzare a ritmo di tamburello e cantare la loro preghiera. Passando per il porto militare, invece, ci trovammo vicini alla principessa Beatrice e al suo seguito, ed io riuscii ad avvicinarmi abbastanza da scattare un paio di foto: forse le mie prime foto giornalistiche! Nel negozio del campeggio, di nascosto dai miei genitori, mi comprai un pacchetto di tabacco da pipa Drum, che però non fumai per circa un paio di anni. Mi sembrò di aver compiuto qualcosa di trasgressivo.
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| Foto da me scattata alla principessa Beatrice nel porto militare di Amsterdam nell'estate 1975 |
Quando rientrammo in Italia partecipai ad una seconda vacanza con la comunità a Penia, sempre in Val di Fassa. L'ultima notte guida una spedizione in pigiama nella dependence dove erano alloggiate le ragazze. Le svegliammo, stemmo lì per un po’ di minuti, ma non accadde nulla di scandaloso, se non si considera tale il vedersi vestiti da notte. Il giorno dopo, però, mi dissero che non avrei più potuto partecipare a una vacanza dell’oratorio. Non so se la decisione sarebbe rimasta definitiva in futuro, comunque poi non partecipai più a nessuna iniziativa di quel tipo, anche se, fino alla primavera del 1976 continuai a frequentare l’oratorio.
Iniziato il secondo anno di liceo, strinsi ulteriormente i miei legami con i compagni dei gruppi di sinistra. Anzi, assunsi un ruolo sempre più centrale nelle attività politiche della scuola, peraltro molto limitate perché all’Einstein eravamo pochi a parteciparvi e il preside e il consiglio di istituto erano molto decisi a non consentirne lo svolgimento dentro la scuola. Il presidente del consiglio di istituto era un genitore che era anche presidente di un’associazione di genitori (la Libera) a cui, all’inizio del primo anno, anche mio padre si era iscritto; dopo la prima assemblea dei genitori, a cui partecipai da uditore, spinsi mio padre a iscriversi invece all’Associazione Democratica Einstein, quella dei genitori più di centro-sinistra o sinistra. I rapporti con i miei compagni di classe era molto buono. Avevo un compagno di banco che non era impegnato politicamente ma che divenne un mio grande amico e confidente. A lui raccontavo molte cose della mia vita all’esterno della scuola, in particolare dei miei hobby (fra i quale c’era ancora la radio CB) e delle mie questioni sentimentali. Era un grande ascoltatore e penso che mi dette anche delle opinioni che apprezzavo. Qualche volta sono anche stato a casa sua.
Per un po’ tornai ancora insieme al mio amore più altro platonico. Sembrava una tradizione quella di lasciarci prima dell'estate e ricominciare in autunno. Questa volta, però, il nostro rapporto durò ancora meno del solito. Un amico con cui avevo familiarizzato all’oratorio, anche se di vista lo conoscevo da quando abitavo al Vigentino (era quello che da piccoli avevamo chiamato “strego”) mi disse che, indipendentemente da tutto, avrei sposato quella ragazza.


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