Autobiografia da adulto - Cap. 7 - Questioni di sessualità

 Del 1981 ho già avuto modo di raccontare vari eventi importanti, quali l'inizio di nuove amicizie con ragazzi conosciuti per caso ai Navigli e che ho introdotto al Buddhismo di Nichiren Daishonin, la visita a Firenze e Milano del presidente della Soka Gakkai Internazionale (SGI) Daisaku Ikeda e le vacanze estive in Olanda e in Gran Bretagna (Inghilterra e Scozia) con i ragazzi di cui sopra.

Del 1981 mi ricordo con piacere della seconda volta in cui ho avuto, in vita mia, un'avventura sessuale completa con una ragazza. Come ho già raccontato, la prima in assoluto l'avevo vissuta nella primavera o estate del 1979, ma era stata un'esperienza "sui generis", in quanto ero stato portato da alcuni amici (i quali sapevano che ero ancora vergine) a casa di una loro amica disponibile e io ero in uno stato di non piena lucidità. Quindi, benché, dopo molti tentativi, siamo riusciti ad avere un rapporto completo, le sensazioni - benché piacevoli - non erano state quelle che avrei potuto attendermi. 

Dopo la mia conversione al Buddhismo, alla fine del 1979 e il cambiamento di frequentazioni, mi ero trovato in altre situazioni in cui era coinvolto il lato sessuale della vita. Una donna amica di miei amici, di qualche anno più grande di me, aveva provato più volte a invitarmi a casa sua, anche per fare sesso, ma non avevo accettato per un paio di motivi principali: non mi piaceva e non mi sentivo pronto per avere una relazione di coppia, che temevo anche potesse limitarmi nella mia libertà. Nell'estate successiva, durante un breve viaggio a Firenze con un mio amico, la ragazza con cui si era messo da poco ed alcune amiche di questa, ho finito una sera per trovarmi sul letto di una di loro semplicemente per chiacchierare (e forse giocare a carte). 

Provando una certa attrazione per lei (che aveva quattro anni meno di me) ho iniziato a divenire abbastanza ardito, trovando anche da parte sua una crescente complicità. Dopo un po' ci siamo spogliati, ma purtroppo lei aveva le mestruazioni, quindi abbiamo fatto molto petting ma non abbiamo avuto un rapporto completo. Poi ci siamo addormentati. La mattina mi sono svegliato con lei che aveva dormito con la sua testa sul mio petto. Questa scena mi ha fatto provare una sensazione bellissima e la ricordo ancora con molta tenerezza. La sera dopo io mi sentivo stanco e non eccitato. Mi sono sdraiato su un divano nella sala dell'appartamento in cui ci trovavamo (vicino agli Uffizi). Poco dopo lei è venuta da me e mi ha detto che, se volevo, mi poteva offrire "asilo politico" nel suo letto. Io però ho declinato. Negli anni successivi mi sono pentito di questa scelta.

Una dimostrazione eclatante della mia goffaggine con le donne è stata anche questa, in cui non è coinvolto il lato sessuale. Durante una serata in compagnia di mio zio Miro a casa di suoi amici artisti nel quartiere Brera di Milano, avevo incontrato una ragazza della mia età. Subito ci eravamo fatti notare reciprocamente questa circostanza, perché eravamo gli unici giovanissimi, mentre gli altri presenti nella casa erano tutti dell'età dei nostri genitori. Siamo stati per un po' da soli in una stanza. Io avevo trovato una chitarra e suonavo, mentre lei mi ascoltava. Non ricordo che avessimo parlato molto. Comunque la trovavo molto carina. 

Qualche settimana o mese dopo, quando ancora frequentavo l'università la mattina e il pomeriggio andavo a lavorare in redazione, sono andato a mangiare nella mensa dell'ateneo. C'era un tavolo vuoto e mi sono messo lì con il vassoio preso al self-service. Dopo qualche minuto si è seduta di fronte a me una ragazza con il suo vassoio. Io l'ho riconosciuta: era quella della serata in Brera. Non so se lei mi abbia riconosciuto a sua volta. Io non ebbi il coraggio di chiederle se si ricordava di me, di noi, e lei nemmeno iniziò a parlarmi. Passammo una - almeno per me - imbarazzante mezz'ora a mangiare senza scambiarci una parola. Poi ci lasciammo senza, mi sa, neanche salutarci. Anche di questa esperienza ho portato il rimorso per sempre.

Ma torniamo alla "seconda volta". In questo caso, era quasi sicuramente il 1981 o al massimo gli inizi del 1982, un sabato sera ci siamo trovati a casa di un nostro amico praticante io e altri amici buddhisti (fra i quali uno di quelli con cui ero andato in Scozia). C'era una ragazza di un due o tre anni più grande di me che avevo conosciuto alcuni giorni o settimane prima. Era carina ed estroversa. Aveva simpatia per me. A un certo punto della serata, eravamo seduti per terra in sala. Io e lei ci trovavamo uno di fronte all'altra. Vedevo le sue mutandine e questo di fece eccitare e diventare sempre più intraprendente, al punto che - non ricordo con esattezza chi lo propose per primo - andammo in una camera da letto. In quella stanza c'era due letti singoli. Su uno eravamo sdraiati io e lei e su un altro il mio ex compagno di viaggio in Scozia con la proprietaria di casa. La presenza di loro non ci dette alcun fastidio e viceversa. Anzi, ci incoraggiavamo in un certo senso. La mia amica era più esperta di me e quindi guidò le danze. Fu un'esperienza molto piacevole e ricca, e senza i problemi della prima volta nel 1979. Ho sempre considerato, di fatto, questa come la vera prima avventura sessuale normale della mia vita. 

Poi lei mi accompagnò a casa in auto. Prima di lasciarmi fece un gesto che significava che ci saremmo sentiti per telefono. Quel segno, però, visto attraverso il vetro del portone, mi fece sentire come se fossi in trappola. Tuttavia, uscimmo insieme un'altra serata, senza fare nulla. Quella volta lei volle che io la accompagnassi a casa guidando la sua macchina e poi mi pagò (ancora guadagnavo pochissimo al lavoro) un taxi per tornare a casa. Ricordo che il tassista comprese la situazione e, durante il viaggio fino a destinazione, chiacchierammo sulle relazioni fra uomo e donna. Nei giorni successivi, però, crebbe il mio timore di essermi infilato in una storia di cui non ero convinto e pian piano smisi di sentirmi con quella ragazza. La rividi ancora, insieme ad altri amici, e ciò fu motivo di imbarazzo. Venni anche un po' rimproverato dall'amica che ci aveva fatto conoscere per averla fatta soffrire.

Continuai fino ad almeno dopo il servizio militare (1984-1985) ad vivere situazioni inconcludenti con l'altro sesso. I fattori erano un mix di timidezza, autocontrollo nel non voler sfruttare il carisma che mi derivava dalla mia responsabilità nell'ambiente buddhista per attrarre a me delle ragazze giovani e carine che mi piacevano, timore di legarmi con donne più grandi di me (ce n'erano anche nel lavoro) che mi sembrava cercassero di avere delle avventure con il sottoscritto, e, last but not least altre due circostanza: la prima era che cercavo, dopo il lavoro e l'attività religiosa, di studiare per dare qualche esame all'università; la seconda, forse, era che dovevo ancora svolgere il servizio militare. Questo credo che costituisse uno spartiacque psicologico fra il momento attuale e quello che sarebbe stato il mio futuro negli anni successivi a una desiderata laurea e all'assolvimento degli obblighi di leva militare. Non può non avere avuto un ruolo anche una certa inibizione verso il tema delle conquiste sessuali già emerso durante le preadolescenza e l'adoloscenza, anche a causa di un'educazione un po' conservatrice sulla sessualità.

Da un punto di vista lavorativo, benché mi piacesse abbastanza l'attività giornalistica che svolgevo (anche per gli stimoli che permetteva di avere, occupandomi della vita del mondo pubblicitario, come redattore in una rivista specializzata su questo tema), non pensavo che avrei voluto fare il giornalista tutta la vita. Credevo che, forse, la laurea in lettere mi avrebbe aperto altre strade, come quella di diventare uno sceneggiatore, lavori che in quel momento mi attraevano. O al limite anche un copywriter pubblicitario. 

In questa situazione, mi impegnavo nel lavoro e nell'attività buddhista, nonché in famiglia (in quel periodo mia madre non stette bene e fu ricoverata per alcuni mesi). Frequentavo ragazze che mi piacevano, ma non osavo corteggiarle in modo efficace. Una sera, durante una gita in Liguria con amici, mi capitò di condividere una stanza di una casa che ci avevano prestato con una ragazza che mi attraeva molto. Anche un mio amico aveva provato ad essere lui a prendere il mio posto, ma io ero stato più deciso. Nonostante le ipotesi che gli altre stavano facendo su quanto poteva avvenire nella nostra stanza, in realtà io e quella ragazza ci sistemammo ciascuno su uno dei due letti singoli disponibili, e chiacchierammo fino a che non decidemmo che fosse giunta l'ora di dormire. 

A volte ero io a non rendermi conto che potessero esserci ragazze che mi desideravano e con le quali avrei almeno potuto provare. Un week-end a Bolzano, ero ospite di una famiglia di due fratelli, un maschio e una femmina. La ragazza, una sera, si mise a piangere, e il fratello mi disse che era innamorata di me. Io ero però, già da altre fine settimana trascorsi a Bolzano, attratto inutilmente da un'altra ragazza, spigliata, giovanissima maestra. E speravo di mettermi un giorno con lei. Così non avevo colto eventuali segnali che potevano venirmi da quella che era effettivamente interessata a me, e che tra l'altro era anche carina e buona. A ben pensarci, ora mi mi ricordo che, anche quella volta di Firenze, tra i motivi che mi avevano portato a non accettare l'invito della ragazza con cui avevo "giocato" la notte prima, c'era il fatto che aveva iniziato ad attrarmi un'altra loro amici, rossa di capelli, con la pelle diafana, e molto vivace. La quale, però, non mi filava. Mi aveva, però, lusingato dicendomi che avevo cucinato un sugo buonissimo. Non avevo seguito una ricetta precisa, ma avevo messo nella passata di pomodoro tutte le spezie che avevo trovato nella credenza.


Io in Andalusia nell'estate 1982
Io in Andalusia nell'estate 1982

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