Informatica: i miei due articoli più recenti per ZeroUno

 Ecco i due miei più recenti articoli su temi di informatica aziendale scritti per la testata online ZeroUno, edita da ICT&Strategy, società del gruppo Digital 360.

Cosa sono i microservizi e quali vantaggi offrono

InfoSum porta il concetto Zero-Trust nella data collaboration

A presto un nuovo lungo articolo su una categoria di software applicativi strategici per le aziende

Autobiografia da adulto - Cap. 5 - Un anno denso

 Alcune teorie di cui ho sentito parlare, affermano che ogni sette anni circa, avvengono importanti cambiamenti nella vita di una persona. In effetti, nel 1981, l’anno in cui ho compiuto 21 anni, sono avvenuti molti fatti importanti l’uno dopo l’altro. 

A livello di amicizie, ho avuto modo di frequentare con una certa assiduità non solo una sola compagnia, ma più giri di persone contemporaneamente. Punto fermo era il mio migliore amico da quando avevamo sette anni, e che spesso andavo a trovare a tarda sera se, tornando in quartiere da altre attività, vedevo che accesa la luce della sua cucina. 


La maggior parte delle sere (non capitava quasi mai che non uscissi), le trascorrevo con gli amici del quartiere che praticavano il Buddismo come me. Come l’anno precedente, di solito ci trovavano sia prima che dopo cena: prima per recitare Gongyo (il nostro rituale mattutino e serale) in una casa e poi per andare a trovare qualche membro della nostra organizzazione o semplicemente per bere una birra (solitamente alla Clinica, una birreria sui Navigli). Chi non vedevo ormai più - se non di sfuggita al bar che fungeva da punto di ritrovo dei nostri giri nel quartiere - erano gli amici della seconda metà degli anni Settanta di cui ho scritto molto nell’autobiografia giovanile. Alcuni di loro avevano preso definitivamente una strada autodistruttiva, davanti alla quale, in pratica, io mi ero solo per poco affacciato, abbandonandola grazie alla pratica del Buddhismo di Nichiren Daishonin e la Soka Gakkai. 


In primavera, quasi tutti noi membri di quest’ultima, sia a Milano sia in altre città, abbiamo iniziato a preparare la prima visita in Italia del nostro presidente e maestro Daisaku Ikeda, da noi chiamato anche Sensei. Noi di Milano e di San Donato Milanese (città dell’hinterland, tra l’altro vicina al mio quartiere Vigentino, dove si era sviluppato, a partire dal 1975, l’allora più grande gruppo di giovani praticanti della provincia) abbiamo iniziato a fare preparativi che ci tenevano occupati diverse sera alla settimana. Durante i weekend, poi, ci trovavamo spesso con i membri di Bergamo e di Torino, con i quali avevamo deciso di realizzare uno breve spettacolo di canti e danze popolari da eseguire a Firenze, dove alla presenza di Sensei si sarebbe tenuto un Garden Party in una grande villa storica. Io ero stato scelto per ballare la Monferrina insieme ad altre coppie e dovevo allenarmi a danzare insieme a una ragazza di Torino, con cui sviluppai anche un’amicizia. Inoltre ero stato incaricato di organizzare il viaggio da Milano a Firenze e ritorno noleggiando due pullman. Nonostante la mia inesperienza (avevo solo 21 anni, dopotutto), riuscii sia a concordare tutto con una società di trasporti privati sia a prenotare circa sei o sette macchine da utilizzare nei giorni in cui il presidente Ikeda si sarebbe fermato a Milano. In questo contesto vissi un momento di trepidazione quando, recandomi alla sede della società di autonoleggio con gli altri “autisti” per ritirare le auto, mi chiesero la carta di credito. Io a malapena sapevo di che cosa si trattasse, e non ce l’avevo. Gli addetti allora non potevano consegnarci le auto. Tutto si risolse nel giro di un’oretta, quando ci raggiunse nell’ufficio il padre di un membro (un manager di una grande azienda) che aprì un portafoglio pieno di carte di credito e face così da garante. Le auto le parcheggiammo tutte nel garage dell’hotel Hilton, dove si sarebbe stabilito tutto lo staff del presidente Ikeda e i responsabili italiani della Soka Gakkai che non abitavano a Milano.


Non tutto, per quanto riguarda l’attività di cui ero responsabile, andò senza imprevisti. La società di noleggio pullman mandò due mezzi molto diversi. Il prima, che doveva partire all’alba con le persone che dovevano fare un certo tipo di attività di protezione e supporto (che chiamiamo sokahan, se maschi, e byakuren, se femmine) era un vecchio autobus, mentre il secondo, su cui viaggiavo io, e che era partito dopo, erano moderno. In pratica, quando noi con quest’ultimo arrivammo a poche decine di chilometri da Firenze, trovammo che l’altro mezzo si era guastato, ed era parcheggiato sulla corsia di emergenza dell’autostrada. Tutti i ragazzi che erano partiti prima di noi erano anche loro sparsi sulla corsia ad aspettarci. Per fortuna riuscii a convincere l’autista del mio pullman a far salire tutti e - stipati come sardine, metà seduti e metà in piedi - arrivammo al Garden Party. L’evento fu molto bello, anche se per via di tutte le attività che dovevo seguire, non me lo godetti molto da spettatore e tutto mi sembrò passare molto velocemente. Per il ritorno, la ditta dei pullman ci inviò, in sostituzione di quello che si era rotto, un altro mezzo più piccolo di quanto sarebbe stato necessario. Sentendomi responsabile di quanto era successo, io decisi di viaggiare su quest’ultimo. Alcuni, purtroppo, dovettero sedersi sul pavimento del corridoio. Ma i guai, fortunatamente non gravi, non erano finiti. Dopo esserci fermati a una stazione di servizio, ripartimmo senza fare l’appello e lasciammo giù due o tre ragazze. Allora non c’erano i telefonini. Quando ci accorgemmo, non potemmo fare altro che fermarci alla stazione di servizio successiva e aspettare gli eventi. Quando arrivammo nel parcheggio, le nostre amiche erano già lì ad aspettarci, perché avevano fatto l’autostop e con l’auto ci avevano messo meno tempo di noi.


Fortunatamente nei giorni successivi andò tutto bene. Si ravvisò la necessità che uno di noi dello staff trasporti dormisse all’hotel Hilton per essere disponibile 24 ore su 24 in caso di necessità. Io ottenni dal mio posto di lavoro il permesso di assentarmi per quattro giorni e detti la mia disponibilità. Mi fu assegnata una stanza in cui dormivo insieme a un italiano, che da un po’ di anni viveva in Giappone, e che era venuto in Italia con il seguito di Sensei come uno degli interpreti (anche se c’erano quelli italiani). Era un personaggio simpatico, più vecchio di me, già abituato a girare fra gli alberghi. La prima mattina mi convinse ad andare a fare colazione al ristorante dell’albergo: io non sapevo nemmeno che le colazioni erano incluse. E mi incoraggiò a mangiare tutto quello che potevo. Poi mi insegnò a farmi da solo il nodo alla cravatta. Fu un ulteriore passo in avanti nella mia revisione estetica avvenuta in occasione dell’inizio del lavoro, prima, e della visita di Sensei, poi. Per la prima volta dopo pochi altri avvenimenti precedenti della mia vita, infatti, avevo dovuto mettermi una vestito e tagliarmi i capelli (che poi, fino al servizio militare, subito dopo ripresi a tenere lunghi). Fra gli eventi per me belli che si verificarono nei giorni in cui il presidente Ikeda si fermò a Milano vi furono: l’accompagnare con l’auto, e due giapponesi che abitavano a Milano, la moglie di Sensei da parrucchiere prima e a una riunione con donne praticanti poi (in quell’occasione la signora Taneko Ikeda, visto che ero nel corridoio della casa, mi invito a fare Gongyo con loro e mi fece addirittura condurre Gongyo); l’accompagnare, insieme ad altre auto, il presidente Ikeda (per il quale avevamo noleggiato una limousine, che era anche preceduta da due vigili urbani motociclisti) alla Mondadori di Segrate, dove era atteso dall’allora amministratore delegato Mario Formenton ( fu quella la prima volta che entrai nella sede della casa editrice, dove molti anni dopo sono stato assunto per alcuni anni); un meeting con il nostro maestro in una sala dell’Hotel Hilton, dove ci diede un grande incoraggiamento a “mirare verso venti anni di pratica”.


Autobiografia da adulto - Cap. 11 - Idoneo alle armi

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