Autobiografia giovanile - Cap. 25 - Vienna e Cecoslovacchia

 Al rientro dalla vacanza per i ragazzi delle medie con le comunità Vigentino, Sant’Andrea, Olmi e Baranzate, ho passato ancora un po’ di giorni a Milano. Potrebbe essere avvenuto in quelle settimane un evento che mi è sempre rimasto nel cuore con tenerezza. Se non è successo esattamente allora, ma in un altro mese, o l’anno prima, voglio ricordarlo adesso.

Una sera d’estate, approfittando delle prime volte in cui i nostri genitori ci permettevano di uscire o rimanere fuori fino alle 22 o poco più, io e il mio migliore amico siamo andati a mangiare una pizza da soli in una pizzeria del quartiere. Abbiamo fatto due conti e ci siamo accorti che non saremmo riusciti a pagare due bicchieri Coca-Cola. A un tavolino vicino al nostro c’era una coppia di giovani fidanzati. Avendo sentito la nostra discussione, il ragazzo ci ha detto di non preoccuparci, che ci offriva lui la Coca-Cola che non riuscivamo a pagare. Io e il mio amico abbiamo ringraziato e poi sia noi sia loro abbiamo iniziato a mangiare e parlare per conto nostro. Non mi ricordo più bene se abbiamo visto i due fidanzati andare via. Forse quando si sono alzati ci hanno salutato e si sono avviati all’uscita. Forse no. Comunque, quando abbiamo chiesto il conto al cameriere, lui ci ha detto che sia le pizze sia le Coca-Cole erano state offerte dai due ragazzi che erano usciti. Negli anni successivi mi sono chiesto se il gesto era stata pura generosità di due ragazzi grandi, giovani adulti, verso due ragazzini o se magari lui avesse voluto fare una bella impressione con la sua ragazza. Ad ogni modo sono stati sempre molto carini e mi hanno insegnato che anch’io, il giorno che avessi potuto, avrei dovuto comportarmi nello stesso modo nei confronti di altre persone.

Un giorno di luglio o ai primi di agosto i miei genitori hanno caricato la Opel Kadett familiare bianca, sia all’interno sia sul tetto, e ci siamo infilati in sei nella macchina per partire per le vacanze. È probabile che sia quella la volta che abbiamo fatto una sosta in un campeggio di Trento. O quell’anno o quello prima l’abbiamo fatta a Verona. Sono più propenso a pensare che nel 1974 l’abbiamo fatta a Trento e che abbiamo visitato i monumenti più importanti della città. Poi non ricordo se, come nel 1973, siamo stati anche qualche giorno in campeggio a Brunico, perché invece qui sono sicuro che ci siamo stati nel 1975 e non mi pare che lì siamo andati per ben tre volte. Credo invece più probabile che nel 1974, quando viaggiavamo ancora con la macchina e la tenda, abbiamo fatto tappa a Trento, quindi ci siamo fermati a Innsbruck e poi a Salisburgo. Comunque sia non sono dettagli importanti in quanto di Trento, Innsbruck e Salisburgo ho memorie vaghe e quindi non fa molto conto ricordare l’anno esatto in cui sono stato per la prima volta in quelle città molto belle. Di sicuro posso dire che a un certo momento delle vacanze 1974 arrivammo a Vienna.

Riccardo Cervelli 14 anni 14yo
Io a Vienna nell'estate 1974 a 14 anni

Della prima volta a Vienna ho diversi ricordi. Mi è sembrata una città ricca di chiese e palazzi molto sontuosi, con tanto verde. Ricordo che siamo stati al luna park nel parco Prater e che siamo saliti su una grande ruota panoramica. Sentendomi di volerlo fare come fratello maggiore, ho accompagnato mia sorella più piccola (aveva adesso 5 anni) in un castello di gnomi a bordo di un trenino (tipo quelli dei castelli delle streghe). Purtroppo, una sera, mentre eravamo in tenda e i miei stavano cucinando, mentre mia madre stava cucinando cadde dal fornello una pentola d'acqua o di risotto bollente, causando una ustione sulle gambe dell'altra mia sorella. Forse perché spaventato o perché nel frattempo avevo avuto una discussione con i miei genitori. uscii dalla tenda e andati in mezzo a una boscaglia a pensare se fosse o meno il caso di scappare o di fingere di scappare.

Da Vienna siamo arrivati poi alla frontiera con la Cecoslovacchia. Allora era un unico paese al di là della cortina di ferro, sotto il controllo dell’Unione Sovietica (Urss). Alla dogana ci hanno fatto fare una lunga fila perché volevano controllare bene tutte le macchine e le persone prima di mettere i timbri sui passaporti e lasciarci entrare nel paese. Penso che abbiamo aspettato almeno almeno due ore. Appena superata la frontiera ho percepito un’atmosfera diversa da quella dell’Italia o dell’Austria. Il tempo sembrava quasi sospeso, le case erano più vecchie e piccole, le persone erano vestite in modo più dimesso. Ci siamo fermati a mangiare un gulash in un piccolo ristorante e mi è piaciuto moltissimo. Non avevo mai gustato questo piatto e apprezzavo l’opportunità di fare questa scoperta in un’area d’Europa dove si poteva mangiarlo in modo tradizionale. Poi credo che abbiamo compiuto un’altra tappa in un campeggio molto piccolo a Bratislava, che abbiamo visitato. Mi sembra che, nelle vicinanze di quel campeggio, io mio padre e mio fratello siamo andati a bere qualcosa in un luogo che non era propriamente un bar, ma una specie di circolo, pieno di tavoloni rettangolari con degli uomini intorno. Lì bevvi un pivo, come si chiama la birra anche oggi in lingua ceca. Un’altra volta notai che in Cecoslovacchia i negozi erano pochi e che spesso avevano delle file di persone davanti in attesa di entrarvi. Un’altra vidi una donna anziana andare in giro spingendo una carrozzina. Dentro però non c’era un bambino, ma una bambola. Questo ricordo mi fa oggi così impressione che mi verrebbe quasi da pensare che il fatto non sia veramente avvenuto: però sono quasi certo di sì.

Infine, dopo molte ore di macchina, arrivammo a destinazione: un enorme prato vicino ai Monti Tatra, dove era stato organizzato un raduno internazionale dei campeggiatori iscritti a un’associazione appunto sovranazionale degli estimatori di questo modo di fare vacanza. 

Il campeggio del raduno era grandissimo, suddiviso in tante aree, ciascuna dotata di servizi igienici, eccetera eccetera. Non mi sembra che le aree fossero divise per nazionalità di provenienza. Non ricordo altri italiani, mentre abbiamo quasi subito fatto amicizia con un signore single inglese, mister Goodman, che dormiva devo un piccolo furgone adibito a camper. Aveva dimensioni simili a quelle del famoso Volkswagen Bulli, ma credo che la marca fosse un’altra. In mezzo al tetto mi sembra che avesse un tettuccio che si sollevava, con delle tendine laterali, e che doveva servire per aumentare lo spazio interno durante le soste e permettere all’aria di entrare e uscire. Questo signore era di mezza età, parlava bene l’italiano, era un amante dell’opera lirica e colse l’occasione di frequentare noi per parlare la nostra lingua e, probabilmente, di musica lirica con nostro padre, che l’aveva sempre amata e conosceva intere opere a memoria (i nostri genitori, fra l’altro, si sono conosciuti nei foyer della Scala di Milano quando avevano circa sedici anni). Di professione Mr. Goodman faceva l’insegnante di educazione fisica. Un giorno caricò me e mio fratello sul furgone e uscimmo dal campeggio per fare un lungo giro nelle vicinanze. In macchina parlammo molto. Non mi ricordo se in quell’occasione o in un altro momento, gli chiesi se fosse mai stato in Italia. In modo molto serio ci disse che c’era stato come soldato britannico durante l’assedio di Montecassino, durante la seconda guerra mondiale.

Fra le cose che mi ricordo del campeggio fra i Monti Tatra c’erano le persone addette alle pulizie e alla manutenzione. Erano tutte vestite come ero solito vedere i Rom (allora li chiamavo ancora genericamente zingari), ed in effetti mi sembra di ricordare che erano proprio di quell’etnia. Un altro ricordo è che, credo lì, mio padre fosse stato avvicinato da una persona dedita alla borsa nera, che gli aveva proposto di cambiare delle lire (o comunque una valuta occidentale che avevamo dietro) con delle banconote cecoslovacche, con un tasso di cambio a noi più favorevole di quello che potevamo trovare in banca. Non ne sono sicuro, ma forse nostro padre accettò l’offerta. Ma ripeto che non ne sono sicuro. Però non mi sembra che fosse una cosa così insolita e rischiosa, anche se non proprio legale. Un altro ricordo riguarda un concerto tenuto in uno spazio aperto del campeggio, in cui suonavano dei giovani cecoslovacchi. Alcune canzoni mi sembravano del buon rock ‘n roll e, a sentirli, mi fecero venire ancora più voglia di suonare anch’io quel tipo di musica. Dopocena, a proposito di musica, io sintonizzavo il mio radioregistratore sulla frequenza in onde medie di Rai 2 per ascolta prima Supersonic e poi Popoff, un programma di musica pop meno commerciale rispetto a quella di Supersonic e in cui i conduttori proponevano degli approfondimenti e dibattevano fra loro. Di solito io registravo su cassette quelle trasmissioni, e per qualche anno ho tenuto e ascoltato spesso una puntata dedicata a Bob Dylan. Infine, non ho mai dimenticato la festa che, all’interno di una tendone da circo montato anch’esso nel campeggio, organizzarono i campeggiatori portoghesi per celebrare la Rivoluzione dei garofani che era avvenuta il 25 aprile dello stessa anno (1974) per buttare giù un regime dittatoriale. Durante la festa, queste persone si esibirono in vari spettacoli e così e distribuirono dei gadget. Credo che fossero delle riproduzioni di garofani e che forse ne ho uno ancora da qualche parte.

Uno scorso del campeggio organizzato vicino ai Monti Tatra, in Cecoslovacchia nel 1974

La vacanza purtroppo non finì senza un altro imprevisto, dopo quello dell’ustione di mia sorella minore, la cui cura, peraltro perdurò anche durante il campeggio sui Monti Tatra con il supporto dell’infermeria dello stesso. Sulla strada del ritorno verso l’Italia, infatti, erano previsti alcuni giorni a Praga. Un pomeriggio, mentre stavamo visitando il centro della città, scoppiò un potente nubifragio. Subito ci rifugiammo in una grande chiesa. Quando il temporale finì tornammo al campeggio. Giunti alla tenda, trovammo che era ridotta a un mucchio di teli sotto i quali alcuni campeggiatori, presenti nel camping al momento del nubifragio, avevano messo al riparo le nostre cose. Credo che quella sia stata la prima volta che ho visto piangere nostro padre, mentre recuperava le cose. Forse piangeva perché erano state rovinate delle cose di valore, fra le quali la tenda stessa. Quella notte dormimmo in un bungalow molto malandato, su dei letti con materassi durissimi e irregolari, che mi sembravano riempiti di paglia. 

Poi riprendemmo la strada, con la macchina carica di roba ancora bagnata. Non ricordo se la tenda l’abbiamo tenuta per aggiustarla o l’abbiamo buttata via a Praga. Prima di uscire dalla Cecoslovacchia, comunque, facemmo una tappa a Brno. Ho ancora in mente la visita alla fortezza dello Spielberg. Non ricordo se lì, o all’interno di un antico monastero, vedemmo delle teche piene di teschi. Quindi arrivammo alla frontiera. Anche questa volta ci fecero attendere molto. Quando toccò alla nostra macchina essere controllata, ricordo che un militare dette un pugno su un mucchio di coperte o sacchi a pelo che erano alloggiati nel retro della macchina, per vedere se avevamo nascosto qualcuno da far fuoriuscire clandestinamente dal paese. Giunti in Austria, dormimmo una notte in un bed and breakfast gestito da una signora molto gentile. Mi sembra che apprezzai molto la colazione che ci servì la mattina prima di ripartire. Poi rientrammo in Italia. Forse per il peso della macchina reso eccessivo dagli oggetti bagnati, o perché facemmo dei tratti di strada troppo lunghi senza fermarci, poco prima di Brescia si sentì un forte sferragliare proveniente dal motore e dovettimo accostare nella corsia di emergenza dell’autostrada Venezia - Torino. Nostro padre chiamo soccorso da un'apposita colonnina e poco dopo arrivò un carro attrezzi che ci portò, noi a bordo della macchina assicurata sul traino, fuori dall’autostrada a un’officina. Qui noleggiammo un auto. Fra che non era un amante della guida e fra che era un po’ frastornato, ricordo che papà chiese al noleggiatore se i pedali erano come quelli della nostra macchina e io rimasi un po’ sbalordito e preoccupato. Poi pretesi di fare il resto del viaggio seduto davanti, a fianco a nostro padre, pronto a dargli qualche consiglio se si fosse trovato in difficoltà con la guida. Per fortuna, dopo poco si trovò a suo agio anche con quella macchina e, a tarda sera, potemmo rientrare nella nostra casa al Vigentino. 

Nel giro di poche settimane avrei iniziato la prima liceo scientifico all’Einstein di Milano. Durante le medie, credo che i miei desideravano che mi iscrivessi a un liceo classico. Ma io mi imposi per lo scientifico perché mi sentivo più attratto dalla scienza che dalle materie umanistiche. Anzi, per pochi giorni, dopo che con il mio migliore amico eravamo andati a vedere l’istituto tecnico Feltrinelli, dove aveva deciso di iscriversi lui, avevo detto in casa che forse avrei voluto andare lì anch’io. Poi io stesso mi convinsi che il liceo scientifico Einstein fosse l’opzione migliore per me, anche se non avrei frequentato la stessa scuola del mio amico.

(capitolo aggiornato il 17/05/2022)

(riproduzione riservata - Riccardo Cervelli 2022)



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