Il 1966 resterà per sempre, per me, il primo anno in cui con la famiglia andremo in vacanza a Legri, una frazione di Calenzano, in provincia di Firenze. Queste vacanze continueranno fino al 1969.
La casa di Legri era stata acquistata da mio nonno Matteo Cusumano non so esattamente quando. Forse già nel 1965, anno in cui era nata mia sorella Annarita e in cui (penso per via del suo ricovero a poche settimane dalla nascita per una gastroenterite) non eravamo andati in vacanza, il nonno aveva iniziato questa operazione immobiliare. Ho appreso recentemente da una persona di Legri, ritrovata in un gruppo sul social Whatsapp, che in quegli anni era stata costituita una società che aveva rilevato le proprietà del Castello di Legri. Era stata effettuata una lottizzazione e lanciato un progetto per cui gli acquirenti dei lotti e delle case avrebbero costituito una sorta di cooperativa in cui potevano usufruire di servizi comuni, fra i quali quelli collegati alla lavorazione e alla vendita degli eventuali prodotti coltivati nei terreni di pertinenza delle loro abitazioni. In effetti, anche la proprietà del nonno comprendeva, oltre a una porzione di un edificio nel centro del borgo di Legri (ma al di là del torrente Marinella, dove una volta iniziavano le proprietà del Castello), anche un campo di grano e una parte di un pendio coltivato a ulivi.
| La pieve di Legri. In primo piano il terreno acquistato da mio nonno. La casa è sulla destra nascosta da una grossa pianta |
Ovviamente, avendo io allora sei anni e mezzo, quando siamo andati a trascorrere le vacanze a Legri non avevo nessuna idea di acquisti, proprietà e vendite di case. I ricordi di questi periodi di villeggiatura in Toscana che mi accingo a raccontare non sarebbero tutti collegabili ad anni precisi, motivo per cui li riporterò liberamente nei vari capitoli fingendo che potrebbero riferirsi allo stesso anno a cui è dedicato un capitolo.
Come ho già ripetuto varie volte, la mia famiglia in quegli anni (fino al 1972) non aveva l’automobile. Se da una parte questo fatto oggi potrebbe essere considerato una fonte di problemi logistici quasi insopportabili, dall’altra era invece un’occasione per sperimentare modi più avventurosi di viaggiare.
Ricordo che, per recarci a Legri (a parte una o due volte negli anni successivi), si prendeva un treno alla stazione Centrale di Milano, a uno dei tanti binari situati sul piazzale che è di molti metri più alto delle strade e delle piazze. Riesco a rivedere me seduto al finestrino dello scompartimento di un vagone di seconda classe con dentro noi cinque (padre, madre, io, mio fratello Cristiano e mia sorella Annarita di un anno) più qualche persona estranea; forse anche con qualche altro bambino. Il treno si muove lentamente e, dopo un po’ di secondi, prende un po’ di velocità.Sento molto sferragliare sotto il pavimento del vagone, a causa dei numerosissimi scambi, e, guardando fuori dal finestrino, resto affascinato nel vedere, al centro dello scalo, una costruzione che sembra una grande porta monumentale sotto la quale possano alcuni binari e in alto ha una fila di finestre, dietro le quali si intravedono delle stanze. Sulla facciata c’è una scritta che non so ancora leggere. Si tratta di una delle centrali di controllo del movimento dei treni. Poi i binari diminuiscono, si dividono in gruppi che prendono direzioni diverse. Il nostro gruppo piega verso destra per circumnavigare la città sul lato orientale. Siamo ancora in alto rispetto alle strade e alle piazze. Non me ne rendo conto, ma passiamo anche vicino alla via Venini, dove c’è ancora la casa dei nonni materni, e poi sopra viale Monza. Dopo una ventina di minuti, il treno, ormai veloce, si immette nella campagna a sud di Milano e corre verso la Pianura padana.
Nel tragitto fra la Lombardia e la Toscana, il treno supera il fiume Po grazie a un ponte di ferro molto lungo. Poi, dopo aver effettuato alcune fermate in città importanti dell’Emilia, arriva a Bologna. Qui entriamo in una stazione di testa. Il treno si ferma ed è necessario cambiare locomotore. La sosta dura circa alcune decine di minuti. Con il papà e forse mio fratello scendiamo e facciamo un giro della stazione. Poi si parte è il senso di marcia è cambiato. Dopo non molto tempo il treno entra in una galleria lunghissima che passa sotto un punto dell’Appennino tosco-emiliano. Negli scompartimenti ci accendono le lampade. Fuori dal finestrino è buio. Sul muro della galleria vedo per la prima volta una striscia dipinta di bianco che forma una linea di segmenti diagonali che vanno in su e in giù. Passa molto tempo prima che si riveda la luce del giorno. Poi il treno si ferma alla stazione di Prato.
Scesi a Prato, prendiamo un autobus che ci porta fino a Calenzano. Qui scendiamo in una piazza molto grande, al centro della quale ci sono dei giardini con dei giochi per i bambini. Io e mio fratello saliamo su una giostra e iniziamo a farla girare afferrando e tirando un tubo che forma un cerchio al centro. Prendiamo velocità. Non cambiamo mai direzione e così, dopo un po’, mi viene un senso di nausea. Quando il malessere va via saliamo su un secondo autobus che farà capolinea a Legri. La “corriera” (allora era in voga questa parola) inizia una strada in leggera salita che entra in una valle. Alla mia destra, a un certo punto, il fianco della collina è sventrato da una cava. Vedo la roccia nuda venire giù in verticale. Poi riappare il bosco, ma subito dopo ecco un’altra scena come la precedente. Riesco però a notare delle differenze nelle forme delle due cave. Poi di nuovo bosco e infine, sempre a destra, iniziano dei prati e vedo bene il torrente Marinella che scorre. Alla fine della strada l’autobus rallenta e si immette in un gruppo di case con una chiesa. Scendiamo in uno slargo della strada che funge anche da parcheggio. Sulla destra ancora la Marinella nascosta da un muretto. Dall’altra parte appare la casa dove passeremo una bellissima vacanza. I nonni ci vengono incontro.
| La casa acquistata da mio nonno a Legri, come era negli anni Sessanta |
(prima parte - continua)
(riproduzione riservata - Riccardo Cervelli 2022)
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