Retrofitting, fra mobilità sostenibile e economia circolare

 Ci sono mezzi, strumenti, e altri beni che possono essere aggiornati tecnologicamente (o riqualificati) per tornare a funzionare in modo ottimale senza doverli acquistare (o costruire) nuovi. Per questa attività si usa sempre più spesso un termine inglese: retrofitting

Un esempio di grande attualità sono gli immobili. Invece di buttare giù un edificio o un capannone, si possono compiere interventi - spesso con un contributo economico e/o uno sgravio fiscale da parte dello stato - per migliorarne l'agibilità, l'estetica e l'efficienza energetica

Un discorso analogo vale per i mezzi di trasporto di ogni tipo. Oggi tutti sappiamo che i carburanti di origine fossile (gas e petrolio) hanno prezzi fluttuanti, nel momento in cui scrivo addirittura in salita, creano dipendenza nei confronti del Paesi estrattori, e inquinano. I mezzi che utilizzano questi carburanti, spesso, rischiano non non essere ammessi in certe aree (ZTL) o di esserlo con grosse restrizioni. L'ideale, quindi, sarebbe utilizzare solo mezzi delle ultime generazioni. Nel caso del diesel, quelli Euro 5 o Euro 6. Per quelli che vanno a elettricità o sono ibridi benzina-elettricità (plug-in o non plug-in), non ci sono problemi: sono il futuro. Idem per quelli a idrogeno (fuel-cell)

Ora, è noto che i mezzi di trasporto (così come quelli industriali o edili) elettrici, ibridi, a metano o biometano, hanno un costo leggermente o molto superiore a quelli con le trazioni più tradizionali. Se si deve sostituire un veicolo obsoleto a basso costo, come un'utilitaria, il consiglio in genere è quello di comprarne uno nuovo più moderno. In questo caso, infatti, il costo del motore incide moltissimo sulla macchina completa, la cui carrozzeria e struttura possono peralro già essere giunti a un livello di usura tale che possono diventare fonte di inefficienze e rischi.

Se si vuole sostituire invece un mezzo in cui la parte motore rappresenta un costo importante, ma non così tanto rispetto al resto, può valere la pena il refitting. Del resto questo già avviene da sempre con questi tipi di beni: si pensi, ad esempio ai pullman, in cui gran parte dell'investimento è costituito dalla carrozzeria e dell'arredamento: questi non si usurano, a parità di tempo, tanto quanto il motore (quasi sempre diesel), che subisce di più del resto le distanze percorse in uno o più anni. E così, solitamente, prima che si demolisca un pullman, si può sostituirne due, tre o più volte il motore, senza quasi mettere mano al resto (fatte salve altre parti molto usurabili, come i freni etc.)

Oggi è possibile sostituire motori diesel, a benzina o a gas, con motori elettrici. Il costo di questo interventonon è banale, ma se si considerà che un mezzo nuovo costa molto di più di uno usato, e che se poi il mezzo è particolarmente "green" il prezzo è ancora superiore a un nuovo con trazione tradizionale, il retrofitting può risultare un'opzione da valutare.

Peraltro, è vero che un mezzo nuovo elettrico, ibrido o fuel-cell inquina meno di uno diesel o a benzina, ma nel calcolo totale delle emissioni di CO2 legate al suo acquisto dovremmo calcolare anche quelle generate dalla sua fabbricazione e quelle provocate dallo smaltimento di quello dismesso.

Il refitting di mezzi inquinanti in cui la parte motore rappresenta una parte importante ma non estremamente preponderante rispetto al resto (carrozzeria, arredamento, tecnologie o strumenti particolari necessari per certe attività etc.) può quindi avere un elevato valore ai fini dell'alimentazione di un'economia circolare e a ridotto impatto ambientale




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