Autobiografia giovanile - Cap. 36 - Londra, Cpv e Mls

Riccardo Cervelli 17 anni 17yo
Io a Londra fra la fine del 1977 e l'inizio del 1978

L’inizio del 1978 lo festeggiai in piazza Londra con mio fratello e un altro amico. Eravamo arrivati in questa città in treno da Milano qualche giorno prima. Avevamo preso una stanza in un ostello, dove di tanto in tanto veniva alloggiata un’altra persona e poi passavamo le giornate girando per la città con la metropolitana per vedere le attrazioni più importanti o località che ci incuriosivano. Come libro da leggere durante quel viaggio avevo scelto la raccolta di poesie I fiori del male di Charles Baudelaire. Dopo capodanno, io avevo proposto di andare a trovare senza preavviso il signor Goodman, il signore inglese insegnante di ginnastica che io e la mia famiglia avevamo conosciuto nell’estate 1974 in Cecoslovacchia. Dato che dopo che ci eravamo lasciati in Cecoslovacchia, per molto tempo il signor Goodman ci inviava delle lettere contenenti delle musicassette su cui ci parlava registrando la sua voce, io disponevo del suo indirizzo. Così un giorno partimmo da una stazione secondaria di Londra in direzione Ipswich. Da lì, con un taxi, raggiungemmo l’abitazione del signor Goodman e gli facemmo un’improvvisata. Dal suo volto si capì la forte sorpresa di vederci. Oggi non mi ricordo più se ci riconobbe subito o se dovemmo dirgli chi eravamo. Comunque ci fece entrare, la sera ci preparò una cenetta, chiacchierammo per un po’ e quindi ci fece dormire nel suo salotto. Il giorno dopo ci riaccompagnò a Ipswich per riprendere il treno per Londra. Dopo di allora credo che non lo sentimmo più. Forse era già da qualche anno che non ci scriveva e che i rapporti si erano allentato. Tuttavia rimasi soddisfatto di questa esperienza, anche se non sono stato in grado di capire fino in fondo se avevamo compiuto un’azione troppo azzardata, a presentarci senza preavviso, oppure, era andata bene così.

Riccardo Cervelli 17 anni 17yo
Io nell'ostello di Londra con la raccolta di poesie I fiori del male di Charles Baudelaire

Rientrati a Milano, riprese la vita di prima, con le mattine trascorse nelle rispettive scuole e i pomeriggi alla casa occupata di piazza dell’Assunta; o più propriamente nei locali del Cpv. In quel periodo alla casa occupata erano venuti anche dei giovani del Vigentino, di qualche anno più grandi di noi, che facevano parte di qualche gruppo che faceva riferimento a Democrazia Proletaria (Dp). Avevano deciso di creare lì una loro sezione e vennero a parlare con noi per chiederci che cosa facevamo e per raccomandarci di comportarci bene in maniera da non creare problemi fra la casa occupata (che diventava anche la loro sede) e il quartiere. Noi li tranquillizzammo a questo proposito ma scegliemmo di non partecipare alla loro attività, che però poi durò pochissimo. Anzi, fra di noi li prendevamo in giro per il loro atteggiamento di militanti seri e impegnati. 

Poi, non ricordo più in quale ordine, arrivarono anche dei fricchettoni che avevano lasciato la casa occupata di via Broletto e dei militanti del Movimento Lavoratori per il Socialismo (Mls) nessuno dei quali - a differenza dei compagni di Dp - abitava nel nostro quartiere. I fricchettoni bussarono alla nostra porta un pomeriggio o una sera e ci chiesero se ci fossero dei locali liberi nella palazzina e se potevano trasferirsi lì. Noi del Cpv - o meglio io e i miei amici, perché eravamo più una compagnia che un’organizzazione politica, anche se Cpv era ormai diventato il nome del nostro gruppo - li accogliemmo con piacere, anche perché vedevamo in loro, sebbene fossero tutti un po’ più grandi di noi e non abitavano più da tempo con le rispettive famiglie, delle persone con i nostri stessi interessi e obiettivi. Quelli del Mls si presentarono anche loro un giorno da noi. Erano molti. Il loro “segretario” era una persona molto più grande di noi, molto preparata e cortese. Una sera ci invitarono nei locali che si erano presi, al piano terreno, in quella che qualche anno prima era la sede del Circolo Giovanile Vigentino, per fare una riunione insieme. Ci spiegarono qualcosa dei loro progetti. A un certo punto, uno di loro, un ragazzo un po’ tarchiato, propose di votare una “mozione”. Subito, fra di noi, lo soprannominammo Mozione. In realtà, nelle settimane successive, si rivelò essere uno dei più simpatici e disponibili nei nostri confronti. Il segretario allora non avevamo ancora capito chi fosse, ma era già un professore universitario, figlio di una persona molto importante in quell’epoca, ma quello che ci importava - o meglio importava me, visto che io ero stato individuato un po’ come il responsabile del nostro gruppo - era una persona con cui si poteva parlare in modo sereno. Altre due o tre persone, che potevano essere più o meno della stessa età del segretario, ci sembravano invece indisponenti. Ad ogni modo, la loro presenza nella casa occupata si limitava solo ad alcune serate o sabati pomeriggio, e dopo un po’ loro e noi ci ignorammo vicendevolmente. Un’altra cosa che non sapevamo, invece, era che quelli del Mls non tolleravano molto il fatto che nella casa occupata, e per la precisione occupando tutto il terzo piano (se non ricordo male noi li chiamavamo “quelli del terzo piano”), ci fossero dei fricchettoni, degli hippie, dei drogati. 

Riccardo Cervelli 18 anni 18yo
Io, con il cappellino bianco, con alcuni amici nei locali del Cpv nella casa occupata di piazza Assunta a Milano 

Per qualche mese noi del Cpv stemmo tutti bene insieme, sia i quattro amici originari della fine 1976 e prima metà del 1977, sia gli altri che si erano aggiunti. Ci ritrovavamo a divertirci tutti i pomeriggi e spesso anche di sera. Un giorno si presentarono da noi dei vigili urbani (oggi si chiamano polizia locale) che erano stati chiamati da alcune persone che abitavano vicino alla piazza e che si erano stancati di sentire provenire musica ad alto volume dalla nostra sede. Ci riportarono le lamentele, ci raccomandarono di abbassare la musica e poi se ne andarono. 

Credo che già in quel periodo mio padre fosse diventato direttore dell'agenzia della Banca Commerciale Italiana numero 38 di via Ripamonti, a poche centinaia di metri dalla casa occupata, e che aveva conosciuto uno dei capi dei vigili. Così si accordò con questo vigile e con me affinché il primo venisse un pomeriggio nella nostra sede e raccogliesse una serie di informazioni da tenere al comando. Quando venne c’ero io e non ricordo più quali degli altri del Cpv. Lo facemmo accomodare, lui tirò fuori un blocco, ci fece diverse domande in tono molto gentile, prese alcune note e poi se ne andò via tranquillo. Io restai soddisfatto perché, dopo quel colloquio, avevo capito che la nostra presenza alla casa occupata era diventata ufficiale e che dovevamo solo comportarci bene. 

Questo diventava un po’ più difficile quando al sabato sera si raggiungeva l’acme della nostra creatività e, con l’aggiunta di altri amici in visita da altri quartieri o della nostra zona, diventavamo moltissimi. Un sabato pomeriggio, la mia amica dell’Einstein che l’anno prima era scappata di casa per venire a stare qualche giorno in montagna con me e altri due amici, mi truccò da donna. Io allora ebbi l’idea di entrare così dentro l’oratorio, che ricordo si trovava di fronte alla casa occupata, e di sedermi a un tavolino, dove rimasi per qualche decina di minuti chiacchierando con qualcuno. Poi, me ne andai. Non ricordo più se fu quella volta o un’altra che l’amico dell’oratorio di otto anni più grande di me, quello che mi aveva insegnato a suonare la chitarra, mi disse: “Secondo me tu dovresti ritornare nella Comunità”. Ripensando, negli anni successivi, a questo invito, qualche volta mi sono chiesto se non avessi fatto bene a raccoglierlo. 

In quel periodo aveva cominciato a venire al Cpv anche la mia ex fidanzatina dell’oratorio, che si era messa con uno dei miei amici più stretti del nostro gruppo.

Credo che fu intorno al periodo delle vacanze di Carnevale che il nostro amico la cui famiglia aveva la famosa casa in montagna, ci disse che potevano andare su tutti. Così un giorno partimmo in treno e andammo su. Qualche giorno dopo ci raggiunse anche il mio migliore amico di una vita, che andai con alcuni altri a prendere alla stazione. Mi ricordo che c’era la neve per terra. Il treno arrivò e poi ripartì. Del mio amico nessuna traccia. Poi guardai per terra e vidi delle impronte di scarpe a punta sulla neve. Le seguimmo e trovammo l’amico che, dopo essere sceso dal treno, si era diretto in un punto sbagliato della stazione, in direzione opposta all’uscita. Ci mettemmo a ridere per questo e per il fatto che, a differenza di noi, vestiti in modo sportivo e un po’ fricchettone, lui indossava delle scarpe a punta e un costo giaccone di pelle. Poi uscimmo dalla stazione e riprendemmo la strada per salire alla casa: un tragitto di circa otto chilometri a piedi. Mentre ci trovavamo a metà percorso, sentimmo dei cori provenire dall’alto e poi vedemmo delle luci di pile: erano gli altri amici che erano rimasti nella casa e che avevano poi deciso di venirci incontro. Quando ci incontrammo fu un momento molto bello. Poi passammo qualche altro giorno su e facemmo diverse cose. Ci divertimmo moltissimo.

Al rientro a Milano, però, iniziarono a vedersi dei segni di incrinamento in alcuni rapporti. Io e i miei due amici che avevamo costituito il primo nucleo del nostro gruppo iniziammo a non essere più visti molto bene da altri. L’altro nostro amico, con cui ci frequentavamo prima della nascita del Cpv, era invece sempre benvoluto. Uno del gruppo che si era aggiunto durante l’estate 1977, in particolare, disse che io e gli altri due volevamo - o sembravamo - fare un po’ i “guru”. In realtà, cosa che si è ripetuta anche in altre occasioni della mia vita, nel rapporto tu per tu non c’erano mai problemi con nessuno: questi uscivano, attraverso alcune frasi dette e non dette, o atteggiamenti di freddezza o di allontanamento, nel rapporto fra noi tre singoli e il resto del gruppo. Dopo un po’ di tempo due dei miei amici più stretti cominciarono a non venire più. Nei confronti di uno in particolare poi provai dei sensi di colpa perché, forse per non schierarmi contro gli altri, non lo avevo difeso quando vedevo degli atteggiamenti di emarginazione nei suoi confronti. E pensai anzi che sarebbe stato molto meglio se lo avessi seguito invece di rimanere con il resto del gruppo. Forse mi sarei risparmiato diverse esperienze negative future. 

In primavera successe quello che non doveva succedere. Un sabato pomeriggio arrivai alla casa occupata e vidi un assembramento di persone in atteggiamento bellicoso davanti all’ingresso. C’era un folto gruppo di militanti del Mls, in parte della sezione che si era installata alla casa occupata, e in parte provenienti da altre zone di Milano, insieme a qualcuno dei militanti di Dp della zona. Stavano sgomberando i ragazzi che abitavano al terzo piano. Questi uscivano dal portone con le loro cose. Qualcuno che cercava di opporre resistenza veniva strattonato. Una ragazza incinta mi sembrò che venne quasi spinta per terra. Io cercai di protestare e qualcuno piuttosto grosso del Mls che non conoscevo mi si mise davanti e mi disse: “Che vuoi tu mingherlino”. Il leader del gruppetto di Dp, che abitava in zona e con cui finora avevamo pochi ma tranquilli rapporti, invece, mi disse: “Tu sei un mafioso”. Nel tardo pomeriggio io chiamai per telefono qualcuno del gruppo di Autonomia con cui non facevo più nulla, ma con cui ero rimasto in contatto, e loro vennero la sera alla casa occupata e devastarono la sede del Mls. 

Il giorno dopo o due giorni dopo, io chiamai mia zia Paola Errichelli, che sapevo lavorare al Manifesto e le raccontai dell’accaduto. Lei organizzò un incontro alla redazione del Manifesto di Milano con un giornalista di nome Mario Gamba. Presente anche mia zia, lui mi intervistò e poi scrisse un lungo articolo che, mi sembra, occupava una pagina intera o tre quarti del quotidiano, in cui si raccontava il fatto avvenuto (riportando, senza fare il mio nome, alcune mi frasi fra virgolette) e se ne forniva un’interpretazione alla luce di posizioni politiche del Mls legate allo stalinismo che non erano condivise da chi scriveva l’articolo. Non mi ricordo più da chi, ma probabilmente da un ragazzo con cui avevamo stretto amicizia negli ultimi mesi, e che lavorava per una radio privata legata al Mls, che quelli del Movimento Lavoratori per il Socialismo avevano deciso di farmela pagare. Per qualche giorno mi allontanai da Milano andando con un altro amico a fare dei lavori in un vigneto che lui e alcuni altri più grandi di me stavano sistemando nell’Oltrepo Pavese. Al ritorno decisi solo di fare attenzione a chi mi si avvicinava. 

(riproduzione riservata - Riccardo Cervelli 2022)

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