Autobiografia giovanile - Cap. 33 - 1977 e funerale del nonno

 Il 1977 è un anno ricordato nelle storie dei movimenti giovanili di protesta, anche se meno del 1968. Per me e per molti miei coetanei che facevano attività politica a scuola è stato un anno particolare della nostra storia adolescenziale. Quell’anno rappresenta forse l’inizio degli anni di piombo, nel senso che, mentre si ferma la crescita di singoli gruppi extraparlamentari di sinistra (nel 1978 Pdup, AO, MLS e Lotta Continua formalizzeranno la nascita di un partito unitario, DP, che si presenterà alle elezioni), iniziano a rafforzarsi le BR (Brigate Rosse), la cui ideologia viene in grande parte applaudita dai gruppi che appartengono alla galassia si Aut.Op. (Autonomia Operaia). 

La decrescita della presa dei gruppi che ho citato prima è un segno di quello che viene anche chiamato “riflusso”, il tramonto del movimento politico militante iniziato nel 1968 a favore dell’alba di un movimento - quello appunto del 1977 - caratterizzato da situazioni in cui si dà meno importanza alle ideologie politiche e se ne dà di più ai diritti civili. Si parla meno di marxismo-leninismo e più di femminismo, omosessualità, liberalizzazione del consumo delle droghe leggere. Nelle scuole e nei circoli giovanili, già dall’anno precedente si sentiva ripetere che “il personale è politico” e che bisognava organizzare “riunioni di autocoscienza” in cui tirare fuori pubblicamente i nostri problemi personali, mettersi in discussione e sciogliere insieme alcuni nodi ereditati dalle generazioni precedenti e dalla cultura tradizionale. E così, nel 1977, mentre da un lato i gruppi che fanno riferimento a DP (Democrazia Proletaria) e Autonomia, continuano a scendere in piazza a gridare slogan politici (ma si scontrano sul tema della lotta armata, ripudiata da DP e guardata con simpatia da Aut.Op.), i circoli giovanili e alcune sigle - come gli Indiani Metropolitani - manifestano per il diritto alla creatività e in nome di una nuova cultura e società più libere. Personalmente, continuo a frequentare gli amici di Autonomia, e ogni tanto partecipo a qualche manifestazione con loro, sistemandoci nei cortei vicino a formazioni come la Banda Bellini e Rosso. Ma ormai sono più le volte in cui trascorro i pomeriggi alla casa occupata di Vigentino, o nelle case di qualche mio amico in cui suoniamo, che al circolo giovanile di Corso Lodi 6. Sento crescere in me un interesse crescente per la liberazione della creatività artistica e l’apertura della mente.

Ricardo Cervelli baby
Io a pochi mesi in braccio al nonno Matteo

Il 1977 è segnato, per me, anche dalla morte, a gennaio, di mio nonno materno Matteo. Aveva 87 anni. Nel giro di qualche mese è rimasto a letto, è dimagrito, ha avuto bisogno di un supporto infermieristico giorno e notte, e poi si è spento. Io, mio zio Miro e l’amico storico di mio zio e mia zia, Massimo, che conoscevo ormai da quando ero bambino, abbiamo accompagnato la bara di mio nonno in treno fino a Palermo. Un viaggio molto lungo, passato in uno scompartimento con tre letti su cui abbiamo dormito di notte, e che ha previsto anche il passaggio in traghetto (sempre sullo stesso treno) dello stretto di Messina. Poi siamo stati portati a Cinisi, la città natale di mio nonno. Lì io sono stato ospite nella casa di un cugino di mia madre, e ho familiarizzato con i loro figli, miei cugini di terzo grado, mentre mio zio e Massimo credo che abbiano dormito in un hotel. 

Fra le cose che più mi sono rimaste impresse c’è stata una visita, con mio cugino di un anno o due più grande di me, al terreno dove coltivavano limoni. Lì gli ho chiesto se gli sarebbe piaciuto venire a vivere a Milano. La risposta è stata un deciso no. In quel momento ho capito chiaramente che non tutti hanno la mira di venire a vivere in una metropoli. In un momento della permanenza a Cinisi siamo anche andati per qualche minuto al mare e mi sono sorpreso di poter stare sulla spiaggia con su solo la maglietta, mentre a Milano sicuramente faceva freddo. Poi mi è restato impresso anche il momento successivo alla chiusura della bara di mio nonno nella tomba di famiglia. Ho visto qualche decina di compaesani mettersi in fila per venirmi a baciare. Non avevo mai immaginato una scena del genere ma devo dire che mi ha fatto molto piacere questa dimostrazione di affetto collettivo. Per il ritorno a Milano abbiamo preso un aereo che è decollato a Punta Raisi ed è atterrato a Linate. Quello è stato il mio primo viaggio in aereo e l’esperienza mi è piaciuta molto.

(riproduzione riservata - Riccardo Cervelli 2022)


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