Autobiografia giovanile - Cap. 21 - Lunghe vacanze e Olimpiadi di Monaco

 Dovuto rientrare prima del tempo a Milano dal campeggio al Parco di Monza organizzato dal comune di Milano, passai i giorni della varicella chiuso in camera mia. La precauzione era dovuta al fatto che mio fratello e le mie sorelle, e forse anche i miei, non avevano avuto questa malattia. Forse, ma ora è solo un vago ricordo, l’aveva avuta mia nonna e fosse lei che, almeno durante il giorno, veniva in camera mia. Io passavo quasi tutte le ore del giorno sdraiato su quello che era normalmente il letto di mio fratello, ovvero quello in fondo alla stanza e sotto la finestra. Avendo già un po’ di pratica con l’elettronica, mi ero creato una sorta di amplificazione con un microfono e mi divertivo a chiamare aiuto a chi c’era in casa utilizzando un altoparlante, che però era vicino al mio letto e serviva solo a fare sentire più forte la mia voce.

A quei giorni è associato anche il ricordo del profumo intenso del talco mentolato che mi spargevo sulle parti del corpo dove sentivo più prurito. L’effetto rinfrescante riduce per un po’ di tempo il bruciore causato dalle pustole della varicella. Comunque, almeno un paio di grosse, le ho grattate spesso e mi sono rimaste le cicatrici: una sul lato sinistro del naso e una sul petto, sempre a sinistra. 

La maggior parte delle ore le passavo ascoltando la radio. Avevo chiesto ai miei di comprarmi la rivista Radiocorriere TV, dove potevo trovare tutte le trasmissioni che mi interessavano. Una in particolare non la perdevo mai: il talk show pomeridiano Chiamate Roma 3131, su Rai 2. Durante il programma, il conduttore riceveva telefonate da alcuni radioascoltatori, che gli esponevano delle storie personali o dei punti di vista su qualche fatto di attualità, e lui interagiva con loro ponendo domande o esprimendo opinioni. In quegli anni il conduttore era il giornalista Franco Moccagatta, del quale mi piaceva molto la voce oltre che il pensiero. Meno sicuro, ma molto plausibile, è il ricordo che in quella situazione avevo iniziato ad ascoltare con assiduità programma serale di musica pop internazionale: Supersonic. Anche questo veniva trasmesso su Rai 2. Se considero, come ho già scritto nella puntata precedente, che anche Alto Gradimento era su quella rete, devo concludere che dal canale radiofonico Rai 2, negli anni Settanta, ho attinto molto del mio background di cultura popolare e di immaginario personale. Sono anche quasi sicuro che, per passare il tempo durante quella varicella, avevo iniziato a farmi acquistare e a leggere il settimanale Epoca, per soddisfare la mia curiosità circa i fatti e i temi di attualità più importanti in quegli anni. Forse si stava già sviluppando in me un germoglio di attrazione verso il giornalismo. Ma di certo non mancavano nemmeno le letture di qualche romanzo. Diversi di quelli letti in quell’epoca devo averli letti mentre ero malato.

Guarito dalla varicella, potei ricominciare ad uscire con i miei amici del quartiere. La mia prima compagna era sempre la bicicletta da cross Legnano e probabilmente la prima cosa che facevo spesso, mentre attendevo di ritrovarmi con gli amici, era andare fino al boschetto lungo via dell’Assunta nei campi verso Vaiano Valle. Un pomeriggio, lì, ebbi modo di rendermi conto che il mio corpo stava cambiando, ovvero vidi i segni dell’inizio della pubertà. I pomeriggi di inizio estate passavano in vari modi. A volte, invece, di gironzolare per il quartiere e le campagne, passavo qualche ora nel cortile dietro la mia scala. Non lo facevo più da qualche anno, perché tutti noi bambini degli anni a cavallo fra il 1957 e il 1962 ormai uscivamo quasi sempre dal condominio per andare a passare il tempo con amici conosciuti a scuola e che vivevano in altre parti della zona Vigentino o anche al di fuori. Ora invece in cortile c’erano bambine e bambini dai tre anni in su, comprese le mie due sorelle, altre tre bambine e due bambini della mia scala. Qualche volta passati qualche ora in cortile con loro, facendoli giocare o accompagnandoli fino al loro appartamento in ascensore quando avevano bisogno di andare in bagno. Già, perché avendo ormai passato i 12 anni, potevo legalmente utilizzare l’ascensore, anche se già lo facevo da tempo.



Credo che potrebbe essere verosimilmente nella primavera di quell’anno che, fra le attività che noi preadolescenti avevamo iniziato a fare nei pomeriggi delle belle giornate, c’era quella di andare a curiosare fra quello che facevano i ragazzi di qualche anno più grandi di noi in varie parti del quartiere. In un prato a ridosso del vecchio cimitero, vicino a un tratto del fiume Vettabbia, alcuni di cinque o sei anni più grandi di noi avevano iniziato a far volare degli aeromodelli con motore. Non erano radiocomandati, ma fatti girare in cerchio in aria vincolati a un filo tenuto da una persona posizionata nel centro del campo. Un’altra attività che questi “grandoni” (così come li chiamavamo, e fra i quali c’erano anche fratelli di nostri coetanei) era quella di giocare a baseball. Molti di loro si erano comprati divise per questo sport, mazze, palline e guantoni e avevano trasformato il campi di calcio - per la verità mai utilizzato in modo strutturale per questo scopo - a una lato della chiesa di Fatima come un diamante su cui allenarsi e giocare partite di baseball. Nel giro di poco tempo, anche molti ragazzi della nostra età avevano comprato attrezzature da baseball. A me e mio fratello nostro padre aveva comprato dei guanti e una mazza. Altri ragazzini si erano comprati ancora più materiale. E così, durante molti pomeriggi, sul diamante si alternavano a praticare baseball ragazzi di ormai sedici o diciassette anni - che a noi sembravano, appunto, grandoni - e preadolescenti di undici, dodici anni come noi. Personalmente, non ero bravissimo (come non lo sono stato in nessuno sport, a partire dal calcio) e dopo un po’ persi l’interesse per la cosa.

Intanto mio padre aveva superato l’esame della patente e avevamo acquistato un’auto, una Opel Kadett 1100 familiare bianca. Non era il massimo della bellezza estetica ma era molto spaziosa e pratica. Inoltre, i miei avevano comperato anche una nuova tenda da campeggio tipo casetta un po’ più grande della precedente e di colore marrone. Non appena a mio padre furono concesse le ferie, all’incirca fra la fine di luglio e i primi di agosto, siamo partiti con la macchina in direzione Valle d’Aosta e Francia. La prima tappa fu La Salle, dove andammo a passare alcuni giorni nel campeggio dove eravamo stati nel 1964. Nel camping, a differenza di quello di Cogne (dove forse ne avevo visti pochi e giovani), c’erano diversi turisti stranieri. Mi piaceva anche vedere come gli adulti delle diverse famiglie cercavano di essere utili gli uni agli altri. Già quando eravamo arrivati, alcuni - credo in particolare stranieri - appena avevano visto nostro padre davanti ai sacchi della tenda e dei pali, si erano lanciati ad aiutare me, mio fratello e papà a montare la tenda. E così fu innalzata in poco tempo. Per la prima volta vidi  una famiglia di olandesi. Avevano una bambina di quattro anni biondissima e con un sorriso bellissimo. Sembrava un angioletto. Mi sorrideva ogni volta che la incontravo. Poi c’era una famiglia, credo, di tedeschi, con un bambino dell’età di Annarita. Un giorno avevano montato una piccola piscina gonfiabile e la mamma del bambino chiese alla mia di farci entrare anche mia sorella.

Riccardo Cervelli 1972 Aiguille du Midi
Io a 12 anni a Chamonix-Mont-Blanc con, sullo sfondo, l'Aiguille du Midi

Poi iniziammo il viaggio verso Chamonix-Mont-Blanc, la nostra meta finale. Superammo il tunnel del Monte Bianco e per la prima volta in vita mia mi ritrovai all’estero. Montammo la tenda in un campeggio da cui si poteva ammirare la Aiguille du Midi, che mi affascinava moltissimo per la sua forma ad ago. Nostro padre aveva imparato il francese durante le scuole medie e superiori (si era diplomato in ragioneria al Cattaneo di Milano) e quindi se la cavava nelle comunicazioni con la proprietaria del campeggio, i negozianti, i residenti e così via. A proposito della proprietaria del camping, ogni tardo pomeriggio faceva il giro delle tende a riscuotere la tariffa della giornata; credo che nella maggior parte dei campeggi del mondo invece si facesse alla fine della permanenza. Vicino alla nostra tenda c’era una compagnia di ragazzi o uomini bergamaschi amanti dell’alpinismo. Ricordo che ogni giorno andavano a fare qualche scalata e che, al loro ritorno, tiravano fuori corde e altre attrezzature alpinistiche. Io, mio fratello e nostro padre avevamo fatto amicizia con loro e ci facevamo raccontare alcune delle loro avventure. Ricordo che una volta uno di loro disse una frase che rimase nelle memorie di famiglia: “Non è ancora nata la montagna che può uccidere il Bula”. Questo era il suo soprannome, credo. 

Anche noi facemmo qualche escursione. In particolare ricordo una gita alla Mer de glace, dove c’erano un ghiacciaio e una grande grotta. Per arrivare lì credo che prendemmo una funivia, la prima della mia vita. Facevamo anche passeggiate nei dintorni del campeggio. Durante una di queste, in un bosco che affiancava la strada che conduceva da Chamonix verso un altro paese, chiesi da mio padre chi fosse il presidente della Francia: lui mi rispose che si chiamava Georges Pompidou. Sempre in quel luogo una volta sentimmo una forte rumore di frenata, provenire dalla strada, al di là degli alberi, seguita da una serie di colpi. Doveva essere avvenuto un tamponamento a catena. Poco dopo sentimmo arrivare dei mezzi con un tipo di sirena bitonale che in Italia non avevo mai sentito.

Spesso poi, dal campeggio ci inoltravamo nella cittadina di Chamonix a fare dei giri e delle compere. Ricordo di avere imparato per la prima volta parole quali patisserie, boulangerie e combien. Le torte erano molto buone. Un giorno si tenne una festa folkloristica e per la prima volta sentii questa parola, folklore, e mi piacque molto. Lo abbinavo soprattutto ai vestiti, che riproducevano quelli in uso in epoche passate. Durante la festa si esibì anche una squadra di majorette. Erano bambine e ragazze più o meno della mia età. Mi colpirono molto i vestiti attillati e movimenti che facevano con il corpo. Mi presi una cotta di tutte. A Chamonix i miei devono avermi comprato quindi un paio di calzoni tradizionali di cuoio, di un tipo che oggi credo sia comune lungo tutto l’arco alpino. Questi calzoni corti, sempre la stessa estate (se non la successiva) sono stati causa di un simpatico malinteso, sul genere sessuale a cui appartengo, avvenuto nella città di Assisi.

Riccardo Cervelli 12 anni
Io con calzoni folkloristici

Al rientro in Italia, ci siamo fermati per circa una settimana in un campeggio di Saint-Vincent, ancora in Valle d’Aosta. Questa permanenza mi è rimasta impressa soprattutto per due aspetti. Il primo è che io e mio fratello siamo stati iscritti a un corso di equitazione in un maneggio del posto. L’esperienza mi piacque molto. A me fu assegnato un cavallo bianco con macchie grigie e nere di nome Zeus. Imparammo ad andare solo fino al trotto, ma l’ultimo giorno mi ritrovai da solo a cavallo nel recinto insieme a un’altra persona più esperta che lanciò il suo cavallo al galoppo. Il mio prese la stessa andatura e non seppi come fermarlo. Dopo un giro di pista al galoppo io caddi. Non mi feci niente. L’istruttore mi disse che comunque, dopotutto ero riuscito ad andare anche al galoppo. L’altra esperienza che mi ricordo volentieri è stata la partecipazione, un giorno, a un concorso di pittura organizzato dalla rivista Topolino. Noi concorrenti stavamo su una piazza in una posizione elevata. All’inizio non sapevo che cosa disegnare. Poi, guardandomi intorno, ho deciso di disegnare il panorama, ponendo enfasi, più che sull’esattezza delle copie delle costruzioni, sulla varietà dei colori. Alla fine, con mia sorpresa, seppi di avere vinto il secondo posto. Come premio mi venne regalata una scatola o di soldatini o di macchinine. Ma il premio più bello fu vedere il mio disegno riprodotto su un numero di Topolino nelle settimane successive.

Riccardo Cervelli 12 anni cavallo
Io sul cavallo Zeus a Saint-Vincent

Ripartiti da Saint-Vincent, le vacanze erano comunque destinate a durare. Credo che anche a mio padre piacesse andare in vacanza, ma che a decidere e a spingere per compiere viaggi di un certo impegno logistico, fosse soprattutto mia madre. Quando era piccolo, la famiglia di mio padre andava tutte le estati a Rimini, quasi sicuramente nella stessa pensione. Forse a mio padre sarebbe piaciuto tornare lì, ma poi finivamo sempre per andare in posti diversi, soprattutto in collina, montagna e all’estero. E così - non ricordo se dopo essere ripassati da Milano - quell’estate finimmo anche ad Assisi. 

Era fine agosto, prima metà di settembre. Anche lì eravamo in campeggio e, presente nostro padre con la macchina, visitammo, oltre che Assisi, altre località vicine, soprattutto dove c’erano santuari. In quel periodo ormai i capelli mi erano cresciuti molto, considerato che forse li avevo tagliati intorno fine della scuola. Un giorno, mentre stavamo per entrare in una chiesa, un frate anziano ci vide e notò che io avevo su i calzoni corti di cuoio, che lasciavano in bella vista le gambe. Vedendo che avevo i capelli lunghi e lineamenti non spiccatamente maschili, mi ha scambiato per una ragazzina e si è rivolto a noi dicendo: "Scandalosa! Scandalosa!". Non ricordo come andò a finire. Forse i miei, o mia madre, chiarirono l'equivoco e potemmo entrare in chiesa.

Quella prima vacanza ad Assisi, ripetuta anche l’anno seguente, mi rimase impressa soprattutto per le Olimpiadi di Monaco 1972, culminate con il tragico evento terroristico in cui un commando di terroristi palestinesi sequestrarono per alcuni giorni gli atleti della nazionale israeliana, uccidendone già alcuni nel villaggio olimpico. Alla fine, si fecero condurre con alcuni elicotteri all’aeroporto per poter fuggire con un aereo. All’aeroporto le Teste di cuoio tedesche tentarono un blitz per catturare il commando e liberare gli ostaggi, causando così degli scontri a fuoco nel corso dei quali morirono molti terroristi e ostaggi. In quei giorni io mi recai spesso nel bar del campeggio per seguire i reportage televisivi su questa tragedia. Le immagini mi facevano un po’ di impressione ma non al punto di non volerle vedere. 

(capitolo aggiornato il 06/05/2022)

(riproduzione riservata - Riccardo Cervelli 2022)


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