Autobiografia giovanile - Cap. 12 - Aspirante missionario

 Della religione cattolica, nello scorrere della mia terza infanzia, mi attiravano alcuni aspetti attinenti alla dimensione comunitaria, a quella solidaristica e a quella estetica. Nel primo periodo della mia vita nel quartiere Vigentino, come ho già scritto, apprezzavo la presenza di ragazzi più grandi, di giovani adulti e di sacerdoti che organizzavano attività sia di preghiera e di riflessione religiosa sia di tipo ricreativo per noi bambini, sempre all’interno della chiesa di Fatima: credo che in quei mesi l’oratorio della chiesa dell’Assunta, che non avevo ancora visto, fosse chiuso per restauri.

A volte, a causa del mio carattere un po’ esuberante, facevo arrabbiare qualche animatore della parrocchia. Un pomeriggio, durante una riunione per i chierichetti in una sala dietro l’altare della chiesa di Fatima, un responsabile si indispettì a tal punto, per un mio atteggiamento di disturbo, che picchiò il manico di un ombrello su un tavolino con un ripiano di vetro da causare delle crepe in quest’ultimo. Ma in genere mi comportavo in modo da farmi volere bene dai più grandi, dagli adulti e dai sacerdoti. Sempre in tema di rapporti bambini-adulti nel contesto religioso ero contento che nel paese toscano di Legri, dove trascorrevamo ancora le vacanze estive, venissero dal Pime (Pio istituto missioni estere) di Milano alcuni giovani seminaristi i quali passavano molto tempo con noi bambini - residenti e villeggianti - intrattenendoci con giochi vicino alla chiesa o nella pineta. E ancora a Legri, spesso, nel tardo pomeriggio, accompagnavo di spontanea volontà mia nonna Carla in chiesa a recitare il Rosario insieme ad altre donne del paese. Mi piaceva passare del tempo dentro la chiesa - una antica pieve - e sentire le voci accorata di queste donne che recitavano tante Ave Marie. Come ho già accennato, mia nonna amava molto la figura della Madonna e oggi so che ne parlava spesso anche ai bambini suoi alunni. Anch’io provavo un certo fascino per le immagini di Maria, soprattutto della natività. A quei tempi, poco fuori Legri, c’era una fontanella sopra alla quale c’era una nicchia con un quadretto di ceramica raffigurante il volto della Vergine Maria. Trent’anni dopo la mia ultima vacanza nel borgo vicino a Calenzano, sono tornato per poche decine di minuti durante una gita e ho rivisto questa immagine. In quel momento ho provato un tonfo nel cuore.

Una antica fontanella con una maiolica raffigurante la Madonna a Legri. Foto del 1990

Come dicevo, della religione cattolica apprezzavo anche i messaggi di amore e di solidarietà verso il prossimo. Allora, il tema della missioni era molto più sentito di oggi. Fuori dalle chiese si tenevano spesso mercatini per raccogliere fondi e beni da inviare ai missionari. In quelle occasioni io restavo affascinato dagli oggetti di artigianato africano in vendita e dalle foto dei villaggi in cui si trovavano le missioni. Mi piacevano in modo particolare quelle con i bambini. Decisi, per un breve periodo, che da grande mi sarebbe piaciuto fare il missionario in Uganda e ne parlai con una bambina del mio condominio, di due anni più piccola di me, che mi disse che sarebbe venuta volentieri con me come suora.

Infine, mi faceva molto piacere, la domenica, andare alla messa per i bambini che si teneva alle 9.30 nella chiesa di Fatima. Era anche un’altra bella occasione per rivedere i bambini del quartiere, fra i quali anche alcuni compagni di scuola. Mi piaceva molto cantare le canzoni religiose: questo aspetto fa parte dell’attrazione per alcuni aspetti estetici della vita cristiana. Spesso le messe per i bambini erano officiate dal parroco don Emilio Penatti, che mi aveva impartito la Prima Comunione ed emanava molta simpatia ed ironia.

Il parroco Don Luigi Penatti impartisce la Prima Comunione nel 1968. Io sono il secondo in filaa dietro il bambino con il vestito bianco.

Intanto nel condominio iniziavano a nascere amicizie fra le famiglie, in particolare fra quelle che avevano figli delle stesse fasce di età. E oltre l'amicizia, c'era spesso anche la solidarietà. Ad esempio, noi non avevamo l'auto e così, per fare cose che l'avrebbero richiesta, come una scampagnata, si prestava volentieri qualche altra famiglia a ospitarci a bordo della loro. E' in questo modo che siamo andati la prima volta in montagna una giornata d'inverno con una famiglia che aveva due figli maschi dell'età mia e di mio fratello. Un'altra gita che ho sempre ricordato spesso è stata quella al Po fatta con un'altra famiglia, con tre figlie femmine e che aveva un'auto familiare con tre file di sedili. Ricordo che al fiume noi bambini ci divertivamo a scivolare giù da un argine in cemento, che ho mangiato per la prima volta le alborelle fritte da un cartoccio a cono di carta oleata, e che ho visto sfrecciare qualche motoscafo.

(puntata aggiornata il 02/05/2022)

(riproduzione riservata - Riccardo Cervelli 2022)


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