Autobiografia giovanile - Cap. 11 - Sacramenti

 Il primo anno interamente vissuto nel nuovo quartiere Vigentino, nell’estrema periferia sud di Milano, è il 1968. Anno simbolico di inizio di un vasto e internazionale movimento di  contestazione giovanile che porterà a profondi cambiamenti nella cultura, nel costume e nella politica nei decenni successivi. 

Quando scoppia il ‘68 io ho otto anni e frequento, con le vicissitudini che ho già avuto modo di raccontare nel capitolo precedente, la seconda classe alla scuola elementare Luigi Dottesio di via Noto. Non è ancora passato un anno dal trasloco. Mese dopo mese la mia cerchia di amicizie si allarga. Nel condominio ci sono molte famiglie giovani che sono venute ad abitare negli appartamenti nuovi di zecca con bambini e ragazzi. Sulle vetrate dei portoni delle varie scale appaiono in continuazione fiocchi azzurri o rosa ad indicare che il tasso di natalità è elevato. 

Non appena arriva la bella stagione i bambini iniziano a scendere a giocare in cortile divisi per gruppi di età vicine. Io e mio fratello tendiamo a socializzare con tutti i bambini che hanno dai sei (nati nel 1962) ai dieci o undici anni (nati nel 1957). Sia che ci ritroviamo nei cortili dei tre diversi caseggiati, sia che giochiamo nella strada privata (dove passano poche macchine, e comunque quasi sempre a passo d’uomo), sia che ci spingiamo fino a un campetto triangolare assai incolto che si trova adiacente al lato nord del condominio, non corriamo molti pericoli anche se veniamo lasciati da soli, tutt’al più vigilati dai balconi dalle madri.

Nel giro di pochi mesi si forma un’allegra brigata di bambini e bambine che giocano insieme e che, in molti casi, frequentano anche le stesse classi a scuola. Della mia classe seconda A siamo in tre. Ma anche mio fratello ha altri due compagni di classe che ritrova il pomeriggio anche in cortile. Si forma una “banda” di condominio che, a seconda dei mesi, è nota nel resto della zona con il mio cognome o con quello di un altro bambino con cui sono molto amico e che è anche lui della mia classe. Le altre bande sono formate da bambini che sono nati nel quartiere o si sono trasferiti in questo prima di noi. In generale, questi bambini appartengono a un ceto sociale un po’ più basso di quello che è venuto ad abitare nei nuovi condomini. 

Foto scattata all'interno di un nuovo condominio. Quello in cui abitavo il è quello in fondo a destra

Sono bambini in prevalenza figli di immigrati dal Sud Italia o figli di residenti nelle cascine presenti sia all’interno della zona Vigentino sia nelle campagne circostanti. Se anche noi “della via Pick Mangiagalli” (pian piano le vie intorno alla chiesa di Fatima iniziano ad essere intitolate e non più propaggini della via Ripamonti), godiamo di una certa libertà di giocare da soli per ore e ore in cortile, nella strada privata o nel campetto, questi bambini “autoctoni” sono ancora più liberi, perché magari figli di famiglie numerose in cui i genitori lavorano entrambi, o perché abituati fin da piccoli a muoversi nel quartiere per commissioni. Ogni tanti fra queste bande e la nostra scoppiano nelle piccole battaglie a colpi di sassi o brevi corpo a corpo. Per i primi tempi è la nostra a subire le incursioni e non il contrario.

Intanto le mie amicizie si ampliano anche nel contesto scolastico. Io ho una certa propensione a conoscere e stringere legami con bambini anche al di fuori del condominio, una tendenza che continuerà anche negli anni dell’adolescenza, quando tenderò per lunghi periodi a frequentare compagnie che vivono in altri quartieri di Milano. E così, fintanto che non sono io a potermi muovere molto fuori dalla mia via, ricevo a volte visite di compagni di scuola che vengono a giocare con me nel campetto incolto fino a che non diventa buio. Le mie frequentazioni fuori condominio o quartiere sono assolutamente interclassiste: da allora non ho mai avuto problemi ad avere contemporaneamente, oltre ad amici del mio stesso livello sociale, anche anche agli antipodi. Ho accumulato molte belle esperienze sia frequentando bambini di famiglie povere che altri di famiglie molto benestanti. 

Alla fine, i bambini sono sempre bambini, con ventagli di interessi, passioni, capacità o difficoltà molto simili al di là delle condizioni sociali, delle provenienze geografiche e delle generazioni. A noi bambini degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta sono sicuramente mancati i videogiochi, i telefonini e i computer, ed avevamo un numero di canali televisivi molto limitato; per questo motivo leggevano più fumetti, passavamo molto tempo in presenza fisica fra di noi, e tendevamo a costruire da noi i giochi o a modificare quelli esistenti. Ma, riflettendo oggi su come vedo trascorrere il tempo ai bambini di oggi - sia a scuola sia al di fuori - ritrovo tanti passatempi analoghi ai nostri. Come noi con le figurine di calcio Panini, i bambini delle elementari di oggi collezionano le figurine di Pokemon e se le scambiano fra loro non appena riescono, anche fra un’ora di lezione e l’altra. E come noi leggevamo i fumetti (nel mio caso soprattutto Il Giornalino e il Corriere dei Piccoli) ora leggono i manga. Se c’è un gioco che non vedo più oggi è quello della pistola da cowboy con le “bombette”, sostituita magari da altri tipi di armi giocattolo più tecnologiche. Le bambole ci sono sempre e così le barzellette con Pierino.

Io il giorno della mia Prima Comunione

Per tornare a me e ai miei tempi di bambino di otto anni, un elemento molto presente, oltre ai giochi con altri bambini a scuola o in cortile, è stata la Chiesa. Dopo la costruzione e il popolamento il quartiere intorno alla chiesa di Fatima, questa è diventata il principale polo della parrocchia del Vigentino, anche per i bambini. L’antica chiesa dell’Assunta, nell’omonima piazza, è diventata un luogo meno frequentato, con poche messe. Credo che nel primo paio d’anni dal nostro trasferimento a Vigentino, anche le attività rivolte ai bambini e ai giovani fossero state momentaneamente spostate nella chiesa di Fatima. Infatti, ricordo che qui, fra il 1967 e 1968, si proiettavano dei film destinati ai bambini in un salone sotterraneo. A fianco della chiesa sorgeva ancora una grossa baracca di legno, probabilmente rimasta dalla fine del cantiere di costruzione, e nella quale ho frequentato le prime riunioni per i chierichetti e da dove - con alcuni animatori adulti - partivamo per compiere delle brevi camminate nei campi.

Nella primavera 1968 ricevetti i sacramenti della Cresima, della Confessione e della Prima Comunione. Da parte soprattutto di mia madre, la vita religiosa era considerata molto seriamente. In casa non si dicevano parolacce, non si parlava di sesso e, almeno un paio di volte, in cui mi era venuto da scherzare sul diavolo, mia mamma mi disse che c’era il rischio che mi apparisse davanti. Una volta che commissi un presunto peccato con uno degli amici della scuola che venivano a trovarmi al campetto, mia madre mi chiese di andarmi a confessare. Mi recai in chiesa ma non raccontai nulla al prete, un po’ per vergogna e un po’ perché non ritenevo di doverlo fare. Essendo passate poche settimane dalla Prima Comunione, mi ritrovai però ragionare, pur con le capacità di un bambino, sul fatto di dover obbedire a determinate regole della mia religione, anche se non mi veniva naturale farlo. Con questo non voglio dire che mia madre fosse bigotta e conservatrice. Negli anni successivi l’ho vista accettare molte mie scelte controcorrente - rispetto a come mi aspettavo che le lei e la mia famiglia avrebbero preferito - non con rassegnazione ma anche offrendosi di sostenermi. Però, se devo fare un paragone fra la religiosità di mia nonna materna ex maestra elementare e d’asilo, e quella di mia madre, trovo che quella della nonna fosse più basata su una devozione alimentata da esempi di vita amorevole (la Madonna, il Bambin Gesù, gli angeli, i bambini) e quella di mia madre più su un approccio teologico. 

Mio padre era impegnato nella parrocchia come membro del Comitato Opere Parrocchiali. Ma con lui non parlavo mai (o quasi mai) di argomenti legati alla religione.

(riproduzione riservata - Riccardo Cervelli 2022)

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