Autobiografia giovanile - Cap. 3 - Seconda infanzia - La Salle

 Non ho certo intenzione di raccontare tutte le vacanze estive trascorse negli ultimi sessant’anni. Alcune di quelle passate da piccolo invece mi piacerebbe restassero nella mia autobiografia per l’influenza che hanno avuto sulla mia crescita.

La prima di cui ho alcuni ricordi abbastanza precisi è stata quella a La Salle, in Valle d’Aosta, nell’estate 1964. Credo sia stata la prima di molte effettuate in campeggio, un modo economico ma anche divertente e sano di trascorrere le vacanze.

Non so come siamo arrivati e tornati da La Salle, visto che non avevamo un auto. Però forse l’aveva già mio zio Alfredo, che allora aveva 23 anni e so che ha passato un po’ di giorni con noi al camping, dove sembra che avesse fatto amicizia con una ragazza. Di zio Alfredo in quella vacanza, però, non mi ricordo. 

Ricordo di un viaggio in pullman sull’autostrada Milano-Torino in cui ero stato preso sulle ginocchia da una ragazza. Credo che sia avvenuto o all’andata o al ritorno di quella vacanza, perché la volta successiva in cui siamo andati in vacanza in Valle d’Aosta è stato nell’estate 1970: e non credo che un ragazzino di dieci anni e mezzo si faccia tenere volentieri in grembo da una ragazza. Questa faceva parte di una compagnia di altre coetanee, che si era messa a sedere in fondo al pullman. Di quella ragazza ricordo un particolare che mi è sempre rimasto impresso. Mentre stavo seduto sulle sue gambe, avevo sentito che una delle due (mi sembra la destra) fosse particolarmente dura. Allora avevo appoggiato il palmo della mano sulla coscia e avevo sentito che, sotto i pantaloni, aveva una struttura metallica. Probabilmente la ragazza aveva avuto la poliomielite.


La nostra tenda e noi nel campeggio di La Salle


Due episodi della vacanza in campeggio a La Salle mi sono rimasti in mente. Il primo è avvenuto una sera. Vicino al camping passava la ferrovia, a un solo binario. Quando faceva buio, i miei portavano me e mio fratello al passaggio a livello a vedere arrivare una littorina, un tipo di treno locale diesel di colore marrone. Mi viene in mente il treno arrivare verso di noi con i fanali accesi. Ricordo anche che il tempo non era bello e che le nuvole erano basse. Mio fratello (probabilmente) le chiamava “ue”. Sia io che lui avevamo un orsacchiotto. Il mio era bianco e il suo marrone. Avevamo adottato il nome Cindy per identificare il loro popolo. Ricordo che, mentre guardavamo le nuvole basse, che quasi ci avvolgevano, mio padre cantava: “Scendono dal cielo le ue a mangiare l’orso di Riccardo”. E poi la ripeteva sostituendo il mio nome con quello di Cristiano.

Il secondo episodio ha ancora più motivi di essere ricordato. Una sera si era tenuta una festa nel centro del prato del campeggio. Per la prima volta avevo sentito dire il nome “vin brulé”, una bevanda calda a base di vino e erbe aromatiche. Lo avevano preparato su un grande fuoco acceso nel prato. Quando la festa è finita, era buio. Sono andato a piedi nudi in bagno a espletare dei bisogni fisiologici. Il ritorno verso la tende lo ricordo con precisione. Ho iniziato il cammino dai bagni verso la tenda  risalendo il prato in diagonale da sinistra verso destra. Avendo incontrato i resti del falò, senza più la fiamma, ho pensato bene di provare a camminarci sopra. Ebbene, non sapevo che sotto c’erano le ceneri ardenti e mi sono ustionato le piante dei piedi. Poi i ricordi si fanno sfumati. Mi sembra che qualcuno che mi aveva visto si è lanciato verso di me a tirarmi fuori, prendendomi in braccio. 

Il ricordo successivo è di me e qualcuno della mia famiglia (mi sembra di intravedere anche mio fratello) che siamo nella sala d’aspetto di un medico; probabilmente un pediatra, perché c’erano dei giocattoli. Per molto giorno non ho più potuto camminare. Mia madre metteva sempre un unguento sulle vesciche delle scottature. Non ho più potuto dimenticare l’odore (o il profumo, a seconda dei gusti personali) di quella pomata. Credo, poiché mi è rimasto impresso il nome, che fosse il Foille. Da allora ho sempre cercato di fare molta attenzione a non scottarmi. A non giocare con il fuoco un po’ meno.

Nostro padre Nilo in versione atletica. 
Del resto aveva praticato la corsa e amava il pallone

(riproduzione riservata - Riccardo Cervelli 2022)


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