Autobiografia giovanile - Cap. 14 - Nonni diversi

 Della famiglia di mio padre, a differenza di quella di mia madre, non ho mai avuto molte notizie. La mia esperienza, in una certa misura, conferma l’opinione diffusa secondo cui, di solito, le madri restano più legate alle famiglie d’origine di quanto non lo rimangano i padri con le loro. Di conseguenza, è più frequente che i figli di una famiglia vedano più spesso i nonni materni di quelli paterni che non il contrario. L’esperienza dei miei figli e quelle, per esempio, dei figli di una delle mie due sorelle, confermano questa tendenza. Del resto, più una volta che oggi, ma ancora oggi, sono le madri a trascorrere più tempo con i figli piccoli rispetto ai padri. E le madri tendono a farsi aiutare dalle loro madri. Non è un caso, quindi, che - almeno a quanto ho potuto notare personalmente - le giovani famiglie tendano a cercare la casa definitiva più vicino alle abitazioni dei genitori delle mogli che non a quelle dei genitori dei mariti. 

Il mio caso, fino a un certo punto, è stato inizialmente un po’ diverso. I miei nonni materni abitavano in via Venini, nella zona Loreto di Milano, in una bella e grande casa in affitto. Quando si sono sposati, i miei genitori devono aver scelto la mia prima casa in via D’Alviano, zona Lorenteggio, per una maggiore accessibilità dei prezzi degli affitti rispetto a zona Loreto. Quando, nel 1966-1967, hanno acquistato l’appartamento in un condominio in costruzione in zona Vigentino - Fatima nel Sud di Milano, devono aver scelto questa zona perché era in una parte della periferia in fase di popolamento e gli immobili avevano costi più accessibili che in altre parti di Milano, soprattutto quelle interne. 

Io con sullo sfondo la casa in cui vivevano i miei nonni materni in zona Vigentino, vicino a noi

Sia come non sia, in quel periodo i proprietari dell’appartamento dei miei nonni materni avevano deciso di venderlo, ma i miei nonni avevano deciso di non acquistarlo. Quindi, dopo aver vissuto lì tra i venti e i trent’anni, nel 1968 circa hanno preferito traslocare anche loro vicino alla famiglia della figlia, cioè mia madre. Il nuovo appartamento, molto più piccolo, era situato in un condominio a poche centinaia di metri dal nostro. Più esattamente, l’ingresso e la parte anteriore di esso si trovava alla fine di una stradina pedonale a cui vi accedeva da via Val di Sole (di cui il caseggiato era un numero civico). La parte posteriore, invece, dava su via dell’Assunta. Percorrendo a piedi una stradina sterrata che collegava la via Wolf Ferrari (una delle due strade in cui sbuca la via Pick Mangiagalli, dove abitavamo noi) e la via dell’Assunta, in dieci minuti io potevo arrivare a casa dei miei nonni materni.

Ed era una cosa che facevo spesso, anche considerato che, come tutti i bambini, avevo iniziato ad amare la televisione, e i miei nonni l’avevano mentre noi no. Dalla fine del 1968 in poi molto spesso passavo la prima metà del pomeriggio nel salotto dei miei nonni a vedere i programmi della “Tv dei ragazzi”. In particolare mi piacevano la serie “I ragazzi di padre Tobia” e i “Giochi senza Frontiere”. E ovviamente anche lo Zecchino d’Oro, che prima andare a vivere tutti a Vigentino, invece, ascoltavo nella vecchia casa alla radio. 

Io su un gioco nel parco giochi di Corso Indipendenza, a Milano, vicino alla casa dei miei nonni paterni

Potendo frequentare quotidianamente i nonni materni, con cui già passavamo le vacanze estive a Legri, in breve tempo riuscii a conoscere molto della loro storia. In particolare di quella di mia nonna, che era nata a Milano e quindi aveva molti parenti, che erano anche parenti di mia madre e, di conseguenza anche miei. I miei nonni paterni, invece, abitavano in via Ciro Menotti, in zona Risorgimento. Fin da piccolo li avevo visti molto meno dei nonni materni, non ero mai stato affidato loro né avevo trascorso con loro delle vacanze. Ogni tanto li andavamo a trovare. Mia nonna paterna, Iris Catarsi, era più anziana di mio nonno Nevio Cervelli e, purtroppo, iniziava ad avere segni di una demenza senile. Quando andavamo a trovarli a casa loro, preparava per me e mio fratello un tè caldo. Avevo visto più spesso mio nonno e mio zio Alfredo Cervelli. Era in quegli anni ancora un giovane venticinque-trentenne. Aveva una moto sulla quale, una volta, mi aveva portato a fare un giro dell’isolato: era la prima volta che salivo su un mezzo così e lo avevo trovato emozionante. Poi aveva acquistato una Simca 1000, con cui qualche volta veniva a trovarci in via Pick Mangiagalli e accompagnava me, mio fratello e nostro padre da qualche parte. Ma la famiglia di mio padre si era trapiantata a Milano negli anni Quaranta senza altri parenti. E quindi non ho mai conosciuto loro congiunti. Della famiglia di mio padre ho conosciuto solo padre, madre, e i due figli, di cui uno, appunto, mio padre Nilo.

(riproduzione riservata - Riccardo Cervelli 2022)

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